Pagina:Parlamento subalpino - Atti parlamentari, 1853-54, Documenti.pdf/396

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anni in tempo di guerra, epperciòdi applicare secondo le diverse circostanze attenuanti anche solo la minima pena di due 0 di quattro mesi di carcere, mentre la legge del 1837, oltre la multa o di lire 200 o di lire 400, obbliga in ogni caso i renitenti dichiavali ad un servizio militare per anni 12, dichiara senza esitanza, che la pena più mite è quella dalla nuoya legge ammessa. Fatta questa dichiarazione, il signor ministro credè ciò non ostante doversene rimettere la interpretazione ai tribunali; ma siccome prevede pure che le loro sentenze possono essere le une alle altre diametralmente opposte, cosi, per introdurre unità di giurisprudenza, è d’avviso che dal dicastero di grazia e giusuzia si abbiano a diramare istruzioni agli avvocati fiscali, nelle quali sia loro additato che ia pena più miteè quella dalla nuova legge prescritta. Se non che, senza soffermarsi a notare che sarebbe d’uopo tenere conto non tanto del minimum di due mesi di carcere, quanto del maximum di anni quattro cbe il potere discrezionale dei tribunali potrebbe applicare nei tempi massime che corrono, è innanzitutto ovvio lo scorgere cbeiI temperamento suggerito dal Ministero non varrebbe neppure a raggiungere ì’inlento che si propone, poiché se ninna istruzione puramente governativa può avere sì grande forza da imporre ai tribunali l’obbligo di seguire nell'applicazione della legge quella interpretazione che dal solo Ministero loro venisse proposta, tanto minore effetto potrebbe essa esercitare, quando la coscienza dei giudici potentemente vi si ribellasse. Egli è poi cano ne di gius penale che il criterio per ben conoscere dell’importanza e dell’effieacia delle pene, e della loro gravezza relativa, piuttostochè dalla maggiore o minore durata, debbasi desumere dalia diversa natura, indole ed intensità delle medesime, non che dalie legali conseguenze che siano per derivarne ; e diffatti nessuno può contestare che, secondo la nostra legislazione, la pena, per esempio, di tre anni di reclusione non sia più grave di quella di cinque ed anche di sette anni di carcere, E da questi principii partendo la vostra Commissione va al contrario convinta che, delle due pene antica e nuova contro 1 renitenti, la prima sia più mite della seconda. Il carcere è una delle pene ordinarie ammesse dal diritto cornane; il prolungamento del servizio militare è una pena meramente disciplinare. Il carcere, sebbene nonsia dalCodicepenaleannoverato fra le pene infamanti, imprime però, secondo l’opinione pubblica ed i costumi del nostro paese, una specie d’infamia di fatto in chi l’ha sofferto, per cui esso riinane presso i suoi concittadini inonorato ; il raddoppiamento del servizio militare ed il pagamento della tenue multa nulla scemano alla riputazione dei cittadino. Il carcere, per difetto tuttora delle riforme cbe imperiosamente la nazione reclama, rinchiude promiscuamente e rei dei più orribili crimini e semplici inquisiti; e questo fatto non potrebbe a meno di rendere la condizione d’un renitente ben più dolorosa di quella fosse per riescirgli il prolungato servizio militare. Perchè d’altronde il Parlamento avrebbe colla legge del 20 marzo 1834 sostituito all’antica pena quella del carcere? La Commissione crede di non andare errata affermando che a ciò sia stato indotto dai riflesso appunto che, essendo il carcere generalmente considerato come pena più grave, iì rimedio al male delle renitenze sarebbe stato più efficace. A tutto ciò se si aggiunge cbe il renitente uscendo dal carcere sofferto po tra di ffìci lineo te godere delia buona estimazione dei suoi compagni d’arme, e che il carcere arreca sempre un aggravio allo Stato, laddove invece il prolungato servizio militare torna proficuo alla nazione, voi avrete un complesso di argomenti che non vi iascierà più dubitare che la pena da pronunciarsi nel caso nostro sia quella stabilita dalla legge, precedente, e che vi renderà perciò ragione, della variante apportata dalla Commissione all’articolo 6. PROGETTO DI LEGGE. Art. I. Ai renitenti, già legalmente dichiarati al tempo in cui sarà posta in attività la legge sul reclutamento dell’esercito del 20 marzo 1884, saranno applicate le disposizioni dei capitoli 4 e G, titolo (0 del regolamento generale per la leva militare del t6 dicembre 1837. Art. 2. Le attribuzioni conferte dai suddetti capitoli 4 e 6 all’ispettore generale delle leve, ed al comandante della provincia, saranno esercitate dall’intendente delia medesima. Art. 3. L’uditore generale di guerra, sulla proposizione dell’intendente della provincia, continuerà come per lo passato ad operare la cancellazione dei renitenti contemplati nell’articolo 1. Art. 4. Le domande di cancellazione in via di grazia dei renitenti, già legalmente dichiarati, saranno trasmesse all’intendente della provincia, alla quale i ricorrenti abbiano appartenuto per cagione di leva. L’intendente assumerà, ecc., il resto come nella proposta del Ministero. Art. S. Contro i renitenti, i quali ai tempo deìì’attivazione della citata legge 20 marzo 1884 si troveranno sol tanto denunciati, si procederà secondo le norme dalla medesima stabilite. L’intendente colla scoria, ecc., il resto come nella proposta del Ministero. Però saranno loro applicate le pene stabilite dalla legge 16 dicembre 1837. Soppresso l'articolo 6 del Ministero. Relazione del ministro della guerra e marina (Durando) 10 aprile 1855, con mi presenta al Senato il progetto di legge approvato dalla Camera nella tornata del 3 stesso mese. Signori ! — Nel decorso dell’aUuaì mese di aprile verrà pubblicata ia dichiarazione di discarico finale sulla classe 1833, ed in quel punto eomincierà ad essere in vigore la legge sul reclutamento del 20 marzo 1854. Le norme per istabilire la renitenza alla leva di un individuo, c le pene, cui deve andar soggetto il renitente, sono nella nuova legge affatto diverse e distinte da quelle che erano prescritte da! regio editto e regolamento 16 dicembre 1857, che finora regolò la leva militare. Renitenti allai leva secondo il regio editto e regolamento del 1837. Giusta la legislazione del 1837 i renitenti sono denunciali dai comandanti militari di provincia all’uditorato generale di guerra, il quale, appurata la circostanza che l’individuo senza legittimo impedimento non si presentò a- soddisfare il dover suo, pronuncia la legale dichiarazione di renitenza.