Pagina:Parlamento subalpino - Atti parlamentari, 1853-54, Documenti.pdf/96

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individui; e neppure acquistarono la speranza, per quanto si voglia lontana, di potere in qualche evento partecipare alla divisione di essi beni. I religiosi professi non potevano avere altra aspettazione, quanto alle cose temporali, fuori quella di partecipare all’uso dei beni delia comunità in proporzione dei loro personali bisogni, e secondo le claustrali discipline, finché la comunità avrebbe legalmente durato. La stessa comunità sarebbe stata certamente incapace, di trasmettere anche espressamente ai suoi affigliati maggiori diritti e maggiori speranze. Si soddisfa adunque alla convenienza, e dicasi pure alla giustizia se, ritolto alle comunità religiose il diritto di esistere civilmente, e cessata quella personalità legale che fu una mera concessione del Governo civile, viene assicurata una conveniente vitalizia pensione ai membri che ne fanno parte, la quale sia determinata dalla innegabile necessità di provvedere al loro sostentamento, qualora non sieDO altrimenti provvisti nel modo contemplato dalla legge, e venga misurata dalla varia età delle persone e dalle circostanze (articoli 10 e II). Quindi è che, a tenore di questo progetto di legge, cesserà la pensione rispetto a coloro che fossero per rientrare in qualche stabilimento religioso o monastico, sia nello Stato che all’estero, o che venissero quindi provveduti o dal Governo od altrimenti di uno stabile e corrispondente mezzo di sussistenza, cessando allora la causa per cui la pensione venne concessa. Non sarà dovuta la pensione ai membri delle comunità e stabilimenti soppressi che riterranno la cura delie anime, poiché rimarranno per siffatto modo convenientemente provvisti. Non sarà dovuta ai membri delle congregazioni secolari non colpiti dall’articolo 714 del Codice civile, perchè abbracciando l’instituto religioso serbarono tuttavia il godimento dei loro beni, e la pienezza dei loro diritti, a meno che per la uscita dal chiostro si trovassero privi di mezzi propri di sussistenza, e questi non fossero corrispondenti alla pensione che potrebbe loro spettare. Non sarà dovuta agli stranieri perchè allo Stato non può correre l’obbligo di sussidiare coloro che non gli appartengono ; ma non pertanto avranno un’indennità per ripatriare, insieme con la giusta restituzione delle somme pagate per il loro ingresso nell’ordine religioso o monastico. Non sarà infine dovuta a coloro che a! tempo della presentazione di questa legge al Parlamento non avessero per anco emessi i voti, e compiuta fa professione religiosa, perchè essi dovettero prevedere l’evento che quanto prima li avrebbe tolti alla vita claustrale. Ma siccome l’ingresso nell’ordine monastico o regolare, per certi monaci o religiosi dell'uno e dell’altro sesso, può essere stato accompagnato dal pagamento di una determinata somma, e che a taluno di essi potrebbe riuscire più accetto e conveniente il ricuperare ciò che pagarono, è data loro facoltà di eleggere tra la restituzione della somma pagata e la vitalizia pensione. Quanto ai canonici delle collegiate che andranno soppresse, e quanto ai possessori dei benefizi semplici, non accade che siano di pensione provveduti, perocché la personale loro condizione non resterà punto immutata. Essi mediante la instituzione nel benefizio acquistarono il diritto di fruire durante la vita loro quei certi e determinati beni che ne costituiscono la dote, ed il godimento di essi rimane loro conservato, purché soddisfino ognora ai pesi onde sono gravati (articolo 8). Sessione del 1853-51 — Documenti — Voi. ili. *5 Anzi per non lasciare senza alcuna maniera di compero quei certi diritti eventuali che per la soppressione dei benefizi andranno perduti, viene assicurata ai patroni dei benefizi la proprietà della metà dei detti beni ; la quale mela, ove il patronato attivo trovisi disgiunto dal passivo, sarà tra gli ani e gli altri patroni ugualmente ripartita, e l’altra metà convertita negli usi determinati dalla legge (articolo 9). Ma non si otterrebbe per ora l’intento di stabilire una più equa proporzione nella distribuzione delle rendite dell’asse ecclesiastico per vantaggiare i parrochi dello Sialo, che sono i meno retribuiti, e continuare mediante i redditi delle corporazioni soppresse l’assegnamento al clero sardo, massime a ragione delle pensioni che si dovranno assegnare ai membri delle corporazioni mendicanti, da cui non si possedono beni fuori dei chiostri, ed avuto anche riguardo all’adempimento dei pesi e dei servizi religiosi, non che alì'uffiziatura delle chiese, a cui si dovrà incessantemente provvedere, se nel tempo stesso non si obbligassero gli altri stabilimenti ecclesiastici ed i beneficiati che si trovano più largamente provvisti a concorrere con una parte almeno dei loro superfluo a tale bisogna. Perciò si viene anche proponendo una quota annua di concorso (articolo 15), la quale, rispetto alle abbazie, ai benefizi canonicali e semplici, alle fabbricerie, sacrestie, opere di servizi spirituali e santuari, sarà imposta sopra il loro reddito eccedente le lire 1000 in ragione del 5 per cento sino alle lire 5000; del 12 per cento dalle lire 5000 sino a lire 10,000 e del 20 per cento sopra ogni reddito maggiore. Rispetto ai benefizi parrocch'ali la detta quota sarà regalata nella medesima proporzione, ma, avuto rispetto alla ma;! • giore operosità richiesta ne! parrocchiale ministero, dovrà solamente partire da! reddito eccedente le lire 2U00. Quanto ai seminari e convilti ecclesiastici la quota sarà pure del 5 per cento sopra le lire 10,000 sino « lire 15,0L»0; del 10 per cento dalle lire 15,000 a 25,000 e del t5 per ogni reddito maggiore; cosicché i minori seminari potranno ugualmente soddisfare all’oggetto della loro instituzione, ed i meglio dotati verranno a corrispondere una sol parte di quel superfluo che possono e sogliono d’ordinario risparmiare. La quota degli arcivescovadi e dei vescovadi sarà in ragione del terzo del reddito sopra fa somma eccedente le lire 18,000 quanto ai primi, e le lire 12,000 rispetto ai secondi. Cosi i nostri prelati, comparativamente a quelli di altre vicine nazioni, saranno ancora i meglio provvisti, eziandio che il numero delle nostre diocesi, fatto il debito ragguaglio, sia eccessivamente maggiore; che anzi la delia quota di concorso a cui dovranno soggiacere risulterà tuttavia minore del terzo netto, che a tenore di antiche disposizioni sarebbesi potuto prelevare sui redditi deile loro mense onde erogarlo in pensioni. La divisata soppressione delle comunità religiose non produrrebbe tuttavia quei pieno, sociale ed economico effetto che questa legge si propone, se non fosse ad un tempo autorizzata l’alienazione dei beni che saranno per venire a mani dell’ainuiinistrazione demaniale. Perciò viro! essere autorizzato il Governo a destinare per uso di pubblici servizi e ad alienare alle provincie ed ai municipi, non che ai privati, i beni di che si tratta (articolo 17), ed a convertirne il prezzo in cedole 3 carico deilo Stato, portanti l’annualità perpetua del 4 per cento (articolo 18), a! quale effetto vengono opportunamente disegnate le forme e le cautele da osservarsi nelle vendite, ossia che intervengano a favore delle provincie ed ai municipi, ossia che seguano a favore di private persone (articoli 19 e SO).