Pagina:Parlamento subalpino - Atti parlamentari, 1853-54, Documenti I.pdf/332

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lire 21 79, e nei cinque anni consecutivi (1846-30) a lire

25 68, e lasciando anche fuori i due anni di straordinario caro 1846 e 1847, coi prendere la media sul solo friennio 1848 a 1850, a lire 241 80 (1).

Ora ciò che avvenne in questi ultimi trent’anni, non man- cherá di riprodursi in avvenire.

La popolazione che nel decennio 1838-1848 crebbe di un quarto di milione contiziuerá ad accrescersi ancora, e a con- centrarsi sempre piú nelle cittá, epperò la deficienza della produzione interna si verrá facendo vieppiú considerevole, e la necessitá di abbassare i dazi sulla importazione sempre piú manifesta.

Che cosí debba essere agevolmente si persuaderá chi con- sideri come, nel mentre il moltiplicarsi della popolazione dello Stato renderá necessarie sempre maggiori importazioni di grani, l’incremento vieppiú celere della popolazione nelle isole britanniche (2), i radicali cangiamenti introdotti colá fin dal 1846 nella legislazione annonaria, e quelli cui la legislazione medesima è andata o andrá immancabilmente soggetta in altri paesi d’Europa, accrescendo a dismisura la domanda dei cereali, prima che la preduzione ne’ paesi ove tutti sono costretti a provvedersene possa essere in pari ra- gione accresciuta, debbono di necessitá sostenere ed anzi far aumentare il prezzo de’ grani; e che questi attratti in quan- titá sempre maggiori dall’ampiezza di nuovi mercati aperti aí Joro spaccio e dalla tenuitá dei dazi cosí stabiliti, in copia sempre minore affluirebbero sulle nostre marine, se non vi fossero richiamati da dazi egualmente o piú tenui di quelli, e da una perfetta libertá di commercio.

Egli è noto infatti che l’Inghilterra, la quale ne’ tre anni 1843 a 18545, cioè nel triennio immediatamente precedente alla revoca delle leggi frumentarie (Corn-Jaws), importava tra grani d’ogni specie e farine di frumento una quantitá equiva- lente a venti milioni di ettolitri circa, cioè un po’ meno di sette milioni di ettolitri all’anno, ne importò nel triennio 1850, 1831 e 1852 una quantitá equivalente a settantasei milioni di ettolitri, ossiano venticinque milioni e mezzo all’anno (3). Per altra parte egli è certo che, se questa enorme domanda di cereali, con lo stimolarne in alcuni de’ paesi di produzione la coltura, deve accrescere la estensione e mi- gliorare le pratiche di questa coltura medesima, epperò au- mentarne i prodotti, egli non è men certo per contro che gli Stati Uniti d’America dai quali pure suole PInghilterra trarre non piccola parte delle sue sussistenze, la esportazione. di grani, non che andar crescendo, andrá sensibilmente de- clinando, per cagioni analoghe a quelle che ne promuovono in Inghilterra ed appo noi la importazione.

Il progressivo aumento della popolazione, la concorrenza sempre piú viva che tutte le nazioni d’Eurcpa si fanno sul mercato annonario, e quindi la necessitá di provvedere in

(1) V. nell’Appendice la tavola dei prezzi medii del frumento di triennio in triennio dal 1828 al 1850. 7

(2) Dal 1801 al 1851 la popolazione della Gran Bretagna (Inghilterra, Scozia e Paese di Galles) è cresciuta del 93 e mezzo per centinaio, cioè si è poco meno che raddoppiata: quella delle cittá capoluoghi di contea è cresciuta del 122 per cento: quella di Londra finalmente del 146 per cento. In cia- scuno dei due decenni 1881 al 1841 e 1841 al 1851 il numero degli abitanti della Gran Bretagna è cresciuto di 2,300,000 circa, e la consumazione di cereali per questa sola cagione La dovuto crescere di sette milioni di ettolitri o poco meno.

(3) V. nell’Appendice il quadro delle importazioni di cereali |

nelle isole britanniche dal 1843 al 1852,

modo efficace ed in ogni tempo alla piú facile sussistenza del popolo, sarebbero di certo argomenti bastanti a raccomandare ai legislatori il progressivo abbassamento de’ dazii sulla im- portazione dei cereali. Ma questo abbassamento, che è atto di umanitá verso la parte piú bisognosa della nazione, è pur atto di giustizia verso tutli i rami dell’industria nazionale. Alta- mente convinti della astratta veritá del principio della libertá commerciale, e della utilitá della praiica attuazione di esso, i due rami del nostro Parlamento, secondando }e proposte del Governo del Re, sono venuti nelle passate Sessioni sop- primendo o scemando almeno di molto quei dazi protettori, che giá da piú anni si erano cominciati a ridurre col propo- sito di avvezzare per gradi alla libera concorrenza straniera le nostre manifatture.

I possessori ed i coltivatori del suolo, i quali partecipano come tutti gli altri cittadini, e piú ancora forse che tutti gli altri, al vantaggio di queste riduzioni, non possono pretendere certamente di aver soli fra tutti il diritto di godere di una protezione che la nostra tariffa ricusa alle altre industrie; di godere cioè il frutto della libera concorrenza straniera nelio acquistare i prodotti altrui, senza provarne gli effetti nello smaltire i prodotti propri; e di accrescere le spese di produ - zione di tutte le manifatture sostenendo, mercè dei dazi da cui sono protetti, il prezzo dei cereali oltre al livelio ioro naturale.

E qui cade in acconcio il notare quanto sia grande l’in- ganno di coloro che, badando alle voci popolari od alle esa- gerazioni di scritteri male informati o parziali, si sono dati a credere che la mole de’ grani disponibili che cercano sbocco dai porti del Baltico e da quelli del mar Nero sia cosí encrme, e tanto superiore ai bisogni ordinari della Europa occiden- tale, che questa corra alcun rischio di venirne, come soglien dire inondata, in guisa da far temere che i nostri campi deb- bano rimanere un giorno pressochè incolti, siccome inetti a produr frumenti a prezzi fali che essi possano spacciarsi in concorrenza con quelli venuti da piú feraci regioni.

I fatti meglio avverati, ben lungi dal giustificare siffatti timori, potrebbero dar motivo piuttosto di concepire (per un remoto avvenire) timori di natura direttamente contraria. La esportazione di grani russi pel Ballico mai non eccedette al- cune centinaia di mila ettolitri; quella che si fa dal porto di Odessa, la quale prima del 18/6 non era mai arrivata ai sei milioni di ettolitri, sali nel 1847 a poco meno di otto milioni, ma tosto ricadde negli anni seguenti a tre o quattro mi- lioni (1). L’Inghilterra non potè in questi ultimi anni trovare ad acquistare la quantitá di cereali che le bisognavano, se non mettendo a contribuzione tutti i porti del mar Nero, del Mediterraneo, del Baltico, del mare del Nord e dell’Atlantico. La Russia, la Scandinavia, la Prussia, i Paesi Bassi, l’Olanda, il Belgio, la Francia, l’Italia, la Turchia, l’Egitto, il Canadá, gli Stati Uniti dovettero contribuire, e contribuirono in pro- porzioni tra loro differentissime, per compiere il contingente richiesto dal commercio britannico. E (ciò che meglio d’ogni altra cosa a parer nostro dimostra quanto poco temibile sia la inondazione frumentaria dalla quale taluni si credono mi- nacciati) l’Inghilterra, ridotta a non potere da tanti e sí di- versi climi raccogliere tanto frumento che le bastasse, do- vette dal 1847 in qua accettare in gran copia i grani di specie meno pregiate, e parlicolarmente il grano turco, al quale Irlanda andò debitrice in quell’anno di non essere stata piú crudelmente desolata dalla fame, e che non cessò da quel

(1) V. nell’Appendice la tavola delle esportazioni di grani da Odessa per gli anni compresi dal 1826 al 1850,