Pagina:Parlamento subalpino - Atti parlamentari, 1853-54, Documenti I.pdf/336

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L’ufficio centrale non iscorge motivo di proporre a que- st’articolo veruna modificazione.

«Art. 5. Dal primo di aprile 1884 sono aboliti i diritti di macina sui grani suddetti nei comuni dove ancora esistono.»

Questo articolo può considerarsi come conseguenza del precedente; se non che sarebbe stato desiderabile che si concedesse ai comuni un termine tn po’ men breve per sur- rogare al dazio che deve cessare alcun altro dazio equiva- lente. Ma lo scepo evidente di questa cosí prossima aboli- zione, essendo di far sí che le popolazioni possano fin dal- l’anno presente essere in parte sollevate dal caro prezzo de’ grani, l’ufficio centrale non crede dover fare su di ciò ve- runa proposta.

Bensí ebbe esso a considerare che deve i dazi di consumo siano appaltati, e nella convenzione passata tra il municipio e l’appaltatore, non siasi il primo riservato espressamente la facoltá di recedere dal contratto, la risoluzione di questo, comandata dall’articolo presente, potrá dare giusta ragione all’appaltatore di esigere dal comune un’indennitá compe- tente. Egli è infatti manifesto che essendo dalla legge costi- tuiti i comuni in corpi morali, capaci perciò di contrarre obbligazioni, lo Stato non può, senza vielare i piú sacri prin- cipii del diritto, annullare con un aito legislativo le obbli- gazioni legalmente contratte, anzi contratte con l’espressa approvazione delle antoritá delegate a vegliare sull’ammini- strazione dei comuni. Nè può reggere in verun modo Pana- logia che si è voluta mettere innanzi tra una legge che venga a frapporsi tra due contraenti (sieno essi privati individui o corpi morali), dichiarando risolute e di niun effetto le con- venzioni tra essi passate, e un caso fortuito o di forza mag-

giore, il quale, indipendentemente da ogni umana volontá venga a rendere impossibile la esecuzione del contratto. Un tal caso di forza maggiore è un accideute di cui debbono sostenere il danno coloro sui quali la provvidenza ne ha fatto cadere gli effetti. Una legge votata dal Parlamento e sancita dal Re deve aver sempre per iscopo di mantenere illesi verso e contro chiunque tutti i diritti, non di manometterli e di violarli arbitrariamente.

Per queste ragioni, e senza voler per niun modo pregiu- dicare la esistenza 0 la non esistenza del diritto ne’ singoli appaltatori di ottenere dal comune una indennitá per la riso- luzione del contratto fra di essi passato, diritto di cui soli dovranno giudicare i tribunali competenti, l’ufficio centrale ha creduto assolutamente necessario che nell’articolo 4 della legge si introducessero alcune espressioni per cui fosse ma- nifesto non essere per niun modo intenzione del legislatore di ledere il diritto di indennitá che possa competere all’ap- paltatore verso il comune, pel fatto della risoluzione del con- tratto d’appalto, nella parte che riguardi al dazio di consumo sui cereali.

Aggiungiamo ancora che neli*articolo terzo, essendosi vie- tati tutti i dazi di macina o di consumo, sembra conveniente che entrambe queste denominazioni sieno riprodotte nell’ar- ticolo 4, il quale per queste ragioni verrebbe dall’ufficio centrale modificato come segue:

«Art. i. Dal primo di aprile 1854 sono aboliti i dazi di macina o di consumo suddetti, salvo quel diritto di inden- nitá verso i comuni che possa in ciascun caso competere agli appaltatori dei dazi medesimi per la risoluzione del relativo contratto,»