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tro della giustizia, dopo avere accusato un giudice inamovi- | l’autoritá del ministro. Se egli potesse decretare una pena

bile per mezzo de! procuratore generale, che rappresenta il potere esecutivo presso all’ordine giudiziario, presieda il Consiglio che ha da giudicare tra l’accusatore e l’accusato ?

Capo II. — Della competenza e del procedimento dei reati imputati ai giudici.

Ammessi i giudici del fatto per tutti i crimini, si concepí, in termini generali, la dichiara che nulla è innovato alle re- gole ordinarie di competenza quanto ai reati sottoposti a tali giudici, e si è ristretta ai soli delitti commessi da un membro dana Corte d’appello, e ad essa deferiti in via di appella- zione, la disposizione che manda al magistrato supremo di designare un’altra Corte.

In quanto ai reati comuni commessi da un giudice o vice- giudice di mandamente, e punibili con pene di polizia, per- chè costituenti semplici contravvenzioni; ed in quanto a quelli commessi da un membro di un tribunale provinciale, che, giusta le regole generali di competenza, dovrebbe cono- scerne, od in prima istanza o in via d’appello, si conserva- rono nella loro sostanza le disposizioni del progetto mini- steriale, che sono quelle stesse che furono introdotte nella legge del 1851 (articoli 46 e 17), variandone solo il co- strutto.

Caro III. — Della disciplina.

Le regie Costituzioni del 1770 (libro 2, titolo 3, capo XI), il regolamento pei ducato di Genova (parte 1°, libro 1°, titolo 3, cap. XII) e Je leggi Feliciane del regno di Sardegna (articolo 574) punivano severamente chi violava il segreto delle deli- berazioni dei magistrati, e lo dicevano sacrilego.

La legge francese dell’8 agosto 1849 stabili la formola del giuramento imposto ai membri delle Corti e dei tribunali, e vi comprese espressamente l’obbligo di osservare religiosa- mente il segreto delle deliberazioni.

Nel presente progetto non erasi fatto cenno di tale ob- bligo ; e sebbene potesse dirsi implicitamente compreso nei doveri dell’uffizio di giudice, ciononpertanto ha pensato la Commissione doversene fare dichiarazione esplicita lá dove si parla dei mancamenti che assoggettano il giudice a provve- dimenti disciplinari.

Il ministro delia giustizia, dovendo esercitare l’alta corve- glianza sovra le Cortí, i tribunali ed i giudici tutti dello Stato, deve essere in diritto di ammonirli e di chiamare a sè qua- lunque membro dell’ordine giudiziario onde si spieghi sui fatti che gli sono imputati. Egli, nell’ordine gerarchico, è capo di tutta la magistratura, e l’indipendenza del giudiee, tanto necessaria nei paesi retti a libertá, altro non è che la facoltá di applicare la legge giusta la propria convinzione, senza l’influenza di altra autoritá (1). Ma qui deve arrestarsi

(1) La carta costituzionale del regno di Polonia del 27 no- vembre 1818 ha dofinito esattamente in che consista l’indi- pendenza dell’ordine giudiziario. Ivi:

«L’ordre judiciaire est constitutionnellement indépendant (articolo 138). On doit entendre, par l’indépendance du juge, la faculté qu’il a d’&mettre librement son opinion lors du jJu- goment sans pouvoir ètre influencé ni par l’autorité supròme, ni par celle ministérielle, ni par aucune considération quel- conque. Tout autre définition ou interprétation de l’indépen- dance du juge est déclarée abusive.»

La Costituzione della Grecia dell’anno 1827 (articolo 138) ha dichîarato in modo piú laconico che il potere giudiziario è in- dipendente dagli altri nelle decisioni.

Sessione DEL 1853-54 — Documenti — Vol. 1. si

disciplinare, qual è quella della censura, non sarebbe sem- plicemente un superiore che ammonisce l’inferiore, ma di- verrebbe il suo giudice senza dargli quelle garanzie che si richiedopo in tutti i giudizi. Una pena non può essere inflitta al giudice, salvo che dalle Corti e dai tribunali, ovvero dal Consiglio superiore, cui, nell’interesse della societá è attri- buito in tale materia un potere eminente. Tale restrizione è resa vieppiú necessaria dall’articolo 94, n° 5, del progetto (articolo 165 della Commissione) che autorizza la rivocazione o la dispensa da ulteriore servizio di ogni giudice inamovibile che sia stato per tre volte condannato a pene diseiplinari. Un ministro che abusi del proprio potere avrebbe facile il mezzo di ottenere legalmente la revoca di un giudice inamo- vibile chiamandolo a sè per tre volte, e decretando per tre volte contro di esso, nel segreto del suo gabinetto, la pena disciplinare della censura, senza obbligo di rendere ragione a chicchessia di questi suoi provvedimenti, contro i quali il giudice non avrebbe» diritto di appello. Si è quindi respinta dalla Commissione, a voti unanimi, l’altima parte dell’arti- colo 4109 (articolo 186 della Commissione), e vi fu aggiunto obbligo al giudice di comparire nagti il ministro nel termine che gli verrá assegnato, senza bisogno di stabilire una pena speciale pel caso che non obbedisse, bastando a punire il mancamento a questo dovere imposto dalla legge le disposi- zioni generali degli articoli 941, n° 4, e 102 del progetto (ar- ticoli 165 e 179 della Commissione).

È regola di eterna ragione che nessuno può essere condan- nato senza essere sentito nelle sue discolpe, ove egli stesso non preferisca il silenzio e la contumacia. Quindi nelle ma- terie disciplinari, come nelle altre, il giudice incolpato deve essere chiamato nanti la Corte od il tribunale che ha da pro- nunziare sull’accusa. Siccome però in tali materie non si tratta nè di reati comuni nè di giudizi ordinari, perciò non tutte le regole del procedimento penale ricevono qui ja loro applicazione. La giurisdizione disciplinare delle Corti e dei tribunali sui membri dell’ordine giudiziario è una giurisdi- zione di famiglia che si esercita secondo le proprie regole, e non si adatta alle forme ordinarie dei giudizi. Haec domestica potius castigalio est, quam publica quaedam iudicii forma, disse a ragione Giovanni Voet. Quindi l’incelpato deve pre- sentarsi personalmente, ed il pubblico non deve. assistere al procedimento,

In Francia non è statuito se il giudice incolpato possa 0 no essere assistito da un difensore, e nel silenzio della legge la Corte di cassazione fece dipendere dalle circostanze l’accor- dare od il negare siffatta facoltá. Ogniqualvolta il giudice, non potendosi difendere personalmente, domandò l’assistenza di un difensore, la sna domanda fu accolta, e la Corte suprema largheggiò per lo piú nell’aderirvi (4). Fu respinta allora- quando le circostanze mostrarono essere inutile l’ufficio del difensore, altro non richiedendosi dall’incolpato fuorchè delle spiegazioni scpra faiti a lui personali (2).

La nostra legge del 1854 ha îolto ogni dubbio, dichiarando

(1) Cosí nel 1832 pel signor Fouq, nel 1833 pel signor Baud e nel 1834 pel signor Defontaine. (Vedasi quest’ultima deci- sione nel Moriteur del 15 gennaio 1844.) Il signor Defontaine aveva pure domandato che il dibattimento fosse pubblico, ma la Corte decise che avesse luogo in Camera di Consiglio.

(2) Vedasi la decisione della Corte di cassazione di Francia in data 28 novembre 1820 nell’affare del signor Madier de Montjau, consigliere alla Corte reale di Nîmes. (Palais, tomo XVI, pag. 205.)