Pagina:Parlamento subalpino - Atti parlamentari, 1853-54, Documenti I.pdf/476

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PRI aria RE

nel libero nostro paese, fra il sacerdote che non osservi le dette regole, e il Governo che deve vendicare quell’inosser- vanza a custodia del pubblico diritto, si inirometterá sempre la legge affinchè la riparazione non superi Poffesa.

La Commissione, approvata l’idea dell’articolo, ne cor= resse lievemente il dettato, abolendo nella frase provvedi- menti relativi alDesercizio dei culti, le due parele all’e- sercizio.

Il senso che risulta dalla frase corretta cosí: provvedi- menti relativi ai culti, è piú semplice, e (che meglio im- porta) piú generale.

Trattandosi di un ariicolo che non crea regole nuove, ma solo determina la pena pei trasgressori di regole preesi- stenti, abbiamo riputato mestieri di usare tale linguaggio, che senza possibilitá di dubbio, o di cavilli, quelle regole tutte abbracciasse.

XII. Dopo l’articolo or ora additato, avrá sede quell’altro che nel progetto lo antecedeva, e chiude l’adito a certe

‘scuse, le quali sarebbero incompossibili e coi principii del gius penale e coll’autonomia del Governo.

Il diritto penale non tollera che il delinquente adduca a propria discolpa la impunitá che un fatto o simile, o iden- tico a quello pel quale ei vien chiamato in giudizio, abbia potuto comecchessia conseguire.

All’autonomia del Governo repugna che il ministro del culto, per cansare l’accusa, dica e provi di aver obbedito ad un suo superiore, il quale non era degno di obbedienza quando ordinava cose contrarie alle leggi o alle istituzioni dello Stato.

E perciò appunto ta Commissione ha mutato di luogo Var- ticolo quarto del progetto, perchè ei venga a comprendere ognuna di quelle co!pe che di leggieri tenterebbero nascon- dersi sotto l’una o l’altra delle scuse cni l’articolo debita- mente rintuzza.

XHI. Alle pene che l’editto 26 marzo 1848 sancisce contro le ingiurie all’onore, che si commettono colla stampa, denno essere proporzionate, in iscala discendente, le pene contro le ingiurie medesime se si commettano in voce o in scritto, che è quanto dire con mezzi di minore pubblicitá.

E questo è il còmpito degli articoli 6, 7, 8, 9, 10 del pro- getto; la giustezza dei quali parla da sé.

XIV. L’accusato di diffamazione o di ingiurie non è am- messo a produrre per sua difesa la prova dei fatti da lui imputati, Codesta è regola dell’articolo 621 del Codice penale.

Alla quale regola l’articole 29 dell’editto 26 marzo 1848 ha portato, in quanto concerne la stampa, la seguente dero- gazione:

«Nei casi di offesa contro i depositari o gli agenti dell’au- toritá pubblica per fatti relativi all’esercizio delle loro fun- zioni, l’autore della stampa incriminata sará ammesso a som-

ministrare la prova dei fatti da esso imputati. Questa prova libera Paccusato di offesa da ogni pena.»

Ora Pundecimo articolo del progetto, cooperando anche esso all’assunto di armonizzare il Codice penale coll’editto 26 marzo, accorda agli accusati di offese verbali o scritte, inferite a pubblici uffiziali, quel mezzo medesimo di difesa che il citato articolo 29 non ammetteva trannechè per le of- fese stampate.

E bene era tempo che cosí fosse,

Imperciocchè, conceduta al diffamatore la facoltá di ad- durre le prove dei fatti ch’egli apponeva ad uffiziali pubblici, si ingenera una condizione giuridica a questessi preziosa. Basta che all’offensore sia detto in jus ambula: e se quivi, alla sbarra del tribunale, ei non fornisca le prove

delle imputazioni da lui balestrate, la sentenza gli scolpisce sul viso il marchio di mentitore, e il nome degli offesi ne esce senza macchia e senza sospetto.

Nessuna ragione consiglia che quella condizione giuridica debba restringersi alle sole offese che vanno pe? torchi,

Il funzionario pubblico, la cui riputazione, anzichè per istampa, venne lacerata a voce 0 in iscritto, sará egli forse purgato d’ogni ombra sol perchè al denigratore fu imposto di tenersi in petto Ie prove dei fatti imputati?

Onde l’articolo undecimo, che fa diritto di recare in luce le prove a rimpetto dei pubblici uffiziali, per qualsiasi ma- niera tacciati di soprusi o di colpe, fulcisce di un nuovo ap- poggio il sistema rappresentativo, che ha la sua base nella responsabilitá degli agenti del Governo.

Non è raro che nella vita pubblica di un agente dell’auto- ritá intravvengano delle soperchierie, delle vessazioni, degli atti arbitrari, che la legge non previde, e conseguentemente non castigò. Ma l’epinione, che di Ini formano gli ammini- strati, nasce appunto e concretasi di questi elementi che in fisica si chiamerebbero imponderabili. I quali elementi, po> tendo quind’innanzi accumularsi col mezzo della prova ac- cordata al cronista che li ha diffusi, vengono a comporre quel lutto, che, disaminato giuridicamente, potrá talora dar tracollo alle bilancie della giustizia.

Gli agenti governativi, avvisati dei pericoli di questa re- sponsabilitá morale, piú efficace, quantunque meno sonora, della famosa ministeriale, saranno tenuti in rispetto, non che dal sentimento del proprio dovere, dall’istinto altresí della propria conservazione. E ne avrá grande guadagno ia pubblica autoritá : essa, che non è in alcun luogo piú forte che nei paesi dove mai non trasmoda.

XV. Lavare una macchia disonorevole indurrebbe sensa-

zione analoga al compiacimento che desterá nel paese l’arti-

colo 12 del progetto. Parlo dell’abolizione della berlina e della emenda.

Per il popolo la berlina non è lezione, ma scandalo: pe- rocchè, grazie a Dio, universale è quel senso che ci tira a parteggiare per chi patisce; e in siffatti spettacoli la pena piglia la vista di una persecuzione.

Per il paziente la berlina è la dannazione, od il trionfo.

"Il trionfo; perchè gli dá campo, se braveggia la pena, a mostrarsi, anche sotto quel degradante peso, baldo, oltraco- tato, e segno alla paurosa meraviglia del pubblico.

La dannazione; perchè confitta una volta infamia sulla fronte di uno sciagurato, che forse col pentirsi aveva fatto proposito di ritornare cittadino, forza è che ei vada ormai disperato di quest’unico suo avvenire d’espiazione, e guardi ogni dí per iscampo al sepolcro, il quale appena può ram- marginare l’oscena cicatrice,

Per il Governo era una contraddizione, un assurdo.

Fu dal Governo iniziato con qualche ardore il sistema pe= nitenziario, il cui scopo è correggere il delinquente, od al- meno fermarlo sul fatale declivio, sí che non affoghi nel fango delle scelleratezze laggiú dove brulica piú numerosa la ca- terva dei perduti.

Poteva egli comportarsi, quando abbiamo fede nella riabi- litazione del colpevole, che la berlina lo escluda dalla pro- messa redenzione ?

‘ O perchè sarebbesi il Governo appigliato al sistema di una istituzione cosí bella e cosí grande, che mira a moralizzare la pena stessa per via del lavoro (1), se poi dovevasi violare

(1) Rossi, De la distribution des richesses.