Pagina:Parlamento subalpino - Atti parlamentari, 1853-54, Documenti I.pdf/763

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Relazione fatta al Senato il 6 marzo 1854 dall Ufficio centrale, composto dei senatori Regis, De Cardenas, Castagnetto, Cotta e Vesme, relatore.

Sicnori! — Il regio brevetto 21 febbraio 1855, che primo stabiliva le norme da seguirsi nella concessione delle pen- sioni di riposo, prescrive all’articolo 17, che la pensione ces- será per quell’impiegato civile che ne fu provveduto, qua- lora senza licenza si assenti dai regi Stati, L’articolo 20 poi dello stesso brevetto dice che il medesimo non è applicabile ai regi agenti all’estero, pei quali si promette un regolamento particolare, nè per gl’impiegati bilanciati dalle aziende ge- nerali delle finanze e delle gabelle. Simile ma non eguale di- sposizione a quella del citato articolo 17 trovasi nell’articolo 39 della legge 27 giugno 1850 e nell’articolo 42 della legge 20 giugno 1851 sulle pensioni di riposo pei militari, sí del- l’esercito di terra come della regia marina, che cioè #! di- ritto alla pensione e il godimento di essa debba intendersi sospeso per la residenza fuori del regno senza l’autorizza - zione del Re.

Appare quindi, secondo la legislazione attuale: 1° che agli impiegati civili, tranne quelli giá dipendenti dalle aziende generali delle gabelle e delle finanze, come gii agenti regi all’estero, cessa la pensione di riposo qualora senza licenza sovrana si assentino dallo Stato; 2° che per gl’impiegati mi- litari non cessa la pensione, ma è soltanto sospeso il diritto e il godimento della medesima, nè questo, come nel primo caso, avviene pel solo fatto di assentarsi, ma per la residenza fuori del regno senza l’autorizzazione del Re; 3° infine, che nè il regio brevetto 21 febbraio 1835, nè le leggi 27 giugno 1850 e 20 giugno 1851, comprendendo le pensioni di riposo degli impiegati giá dipendenti dalle aziende delle gabelle e delle finanze, nè quelle dei regi agenti all’estero, questi non tro- vansi soggetti a cessazione od a sospensione della pensione di riposo nè pel fatto di essersi assentati dallo Stato, neanche per quello di avere stabilito all’estero la loro residenza.

Il ministro delle finanze, nella tornata 3 febbraio prossimo scorso, presentava al Senato un progetto di legge, stato giá, alla maggioranza di pochi voti, approvato dalla Camera elet- tiva, col quale si prescrive all’articolo 1 che chiunque prov- visto di pensione a carico dello Stato eccedente le lire 500, rimane oltre quattro mesi all’estero, perda per tutto il tempo della sua dimora fuori dello Stato, e cosí anche pei primi quattro mesi, il 25 per cento della pensione, con che la pen- sione cosí ridutta non diventi minore di lire 800; nell’arti- colo 2 poi, che il pensionato, il quale rimane aftestero oltre quattro mesi se in Fnrepo, va UN anno se fuori di Europa, senza daruv avviso al sindaco del comune dell’ultima sua re- sidenza, o ad un agente diplomatico 0 consolare nazionale, perda un’annata di pensione, che se lascia trascorrere un anno senza adempiere tale disposizione, decada dalla pen- sione. L’articolo 3 del progetto dichiara in qual modo i pen- sionati debbano far constare del loro ritorno: ed il 4 con- tiene alcune disposizioni (ransitori» sni pensionati che si tro- vano presentemente all’estero.

La presentazione che vi fu fatta di questo progetto non essendo accompagnata dalla esposizione dei motivi e dello scopo del medesimo, il vostro uffizio cercò di rendersi ragione dell’uno e degli altri col prendere ad accurato esame la rela- ziowe premessa al progetto di legge quale era stato presen- tato alla Camera elettiva, e le discussioni che ebbero luogo dinanzi a detta Camera. Ma anche un tale esame non valse ad illuminarlo che assai imperfettamente. Si dichiarò che

questa era una legge meramente fiscale, e se ne addussero a motivi la necessitá di approfittare di tutti i mezzi che giu- stizia ed equitá possono consentire per migliorare Ja condi- zione delle finanze, e la circostanza che i pensionati residenti all’estero si sottraggono a molti pesi diretti e indiretti, ai quali andrebbero soggetti se dimorassero nello Stato.

Tali motivi non bastarono a persuadere il vostro uffizio nè della utilitá nè della giustizia di questa legge, ed esso è una- nime in proporvene la reiezione. Non è qui il caso di esporre i gravi difetti o di redazione o di speciati disposizioni che in essa s’incontrano; il principio stesso della legge è tale, a pa- rere suo, che egli non può in alcun modo proporvene l’appro- vazione. Onde provvedere agli urgenti bisogni dell’erario, ed insierze affinchè mentre si tassava con nuove imposte quasi ogni genere di privata fortuna non paresse che questo, che piú direttamente deriva dallo Stato, andasse immune d’im- posta, con legge 28 maggio 1852 imponevasi una tassa di lire 10 sulle pensioni di ritiro dalle lire 500 alle 1000 e del 2 12 per cento per ogni somma maggiore. Oltre una tale im- posta, vi si propone ora di aggravare le pensioni di quelli che soggiornano all’estero oltre quattro mesi della enorme tassa di un quarto della pensione, sí che in tutlo ne perde- rebbero a titolo d’imposta circa il 27 1[2 ner cento; che anzi, se ommettano di avvertire di loro assenza fra un certo tempo il sindaco, o agente diplomatico o consolare, questa loro negligenza è punita colla perdita totale e perpetua delia pen- sione. Questa al vostro uffizio, e per la gravitá dell’imposta, e per le disposizioni accessorie, parve meno una legge d’im- posta che non una legge di coufisca. Nè crede esso dovervene proporre l’adozione, quand’anche la contribuzione fosse ri- dotta a somma piú moderata. La contribuzione di cui si tratta non s’impone, se ben si voglia considerare, sulle pensioni, ma sul falto dell’assenza dallo Stato. Ora, se l’assenza dallo Stato è un fatto imponibile, se vale la ragione che chi è as- sente dalio Stato sfugge al pagamento di varie imposte di- relte e indirette, questo principio dovrebbe valere per qua- lunque persona che si assenti dal regno, e non farsi una spe- ciale e gravissima legge in odio delle persone che spesero i loro anni migliori nel servizio dello Stato. D’altronde, ad onta della enorme sua gravitá, questa contribuzione frutte- rebbe al Governo assai lieve somma, Secondo una tabella stala comunicata dal Ministero, il numero delle persone go- denti la pensione all’estero è di 168, le pensioni dei quali ascendono alla complessiva somma di lire 204,401 98; dalla quale somma deducendo le pensiori che non eccedono le liro 500, e che nel progetto si dichiarano esenti di fassa, re- stano 94 pensionati, riceventi lire 185,869 79, il quarto della quale somma corrispondente alla tassa è di lire 46,467 45, somma che ancora deve diminuirsi in ragione delle pensioni eccedenti bensí le lire 500, ma minori di lire 666 65, sí che non se ne può dedurre il quarto lasciando intera, come pre- scrive l’articolo 4, la somma di lire 500. Che, se la legge si mettesse in atto, il prodotto della tassa verrebbe a diminuire ancora considerevolmente, poichè essa avrebbe per inevita- bile effetto d’indurre al ritorno pressochè tuiti i pensionari meno agiati, che sono i piú numerosi,

Se non che nel proporre questa legge, che pure dicevasi una semplice iegge di finanza, il Governo non nascose come mirasse appunto a far rientrare i pensionati nello Stato, af. finchè s’a questo anzichè l’estero per sentirne quel vantaggio che può arrecargli un maggior consumo dei suoi prodotti. Presa sotto questo aspetto, parve la legge al vostro ufficio forse ancora meno degna di approvazione. Oltrela differenza odiosa ed iugiusta che verrebbe a stabilirsi a danno degl’im-