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| SESSIONE DEL 185 9-54

Avrebbe quindi voluto potervi proporre, o signori, d’in- trodurre nella legge qualche benigna ed indulgente disposi- zione, per cui fosse permesso di venire per tal via ia sollievo delle rammentate opere, degne per ogni verso di sommo fa- vore, e qualche eccettuazione altresí in favore di quelle lot- ferie di poco o nessun rilievo, le quali piú che a vista di lucro mirano ad innocente ed onesto spasso degli accurrenti.

Ma ne lo raîtenne, ed il ricundusse sulla via dello stretto rigore, la potentissima considerazione che dettò l’indistinto linguaggio della legge qual’è proposta, la necessitá, vogliani dire, di tor via ricisamente ed in modo assolato ogni occa- sione per cui dia pascolo alla nocevole passione di avventu- rarsí alle vicende delia fortuna.

La propensiene a correre la via dei rischi, anzichè appi- gliarsi al certo, e solido profitte che dal lavoro ricavasi, è troppo fortemente abbarbicata negli animi, perchè sperare possa il legislatore di toccar la meta dove alcun lievissimo spiraglio si lasci dischiuso a satisfarla.

Gli è questo un malore morale cui non valgono a risanare blandi rimedi; vuolsi a tal uopo quel genere di medicina, che eroica da taluno appellasi.

Non che pertanto fa proposta legge incorrer possa la faccia di soverchiamente severa ed inesorabile, elia deve per con- verso venire di fale sua severitá laudata, qual unica via di raggiungere il prefisso scopo, spegnendo ogni piú lieve fo- mite del male, cui si vuol rimediare.

Non passarono inosservate all’ufficio centrale le petizioni sporte al Senato dalla direzione dell’asilo infantile del co- mune di Sommariva del Bosco e dalla societá economica di Chiavari per indurlo a mitigare il rigore della legge nei casi esposti; ma non seppe risolversi a farsi autore della proposta nella ferma persuasione in cui è che ne scapiterabbe d’assai la perfezione e l’efficacia della legge, e fiducioso d’altronde che la caritá cittadina, sí fervente ira nci ed ingegnosa, non mancherebbe d’industriarsi a trovare altre vie onde compiere il nobile e sublime suo assunto di attutare ogni lamento, e lenire ogni miseria senza il Spa periglioso aiuto delle lotterie.

Gli articoli secondo e ferzo contengono la sanzione della legge mercè le pene imposte cosí agli autori ed agenti prin- cipali, come a tutti coloro che abbiano, qual piú qual meno,

— cooperato ad infrangere la legge.

Le stanziate pene parvero all’ufficio proporzionate alla gravezza della contravvenzione, nè ebbe che ridirvi.

Bens avverti l’ufficio stesso la dissonanza cho in questa parte viene ad introdursi tra la presente legge e quella delia stampa in ciò che spetta alla punizione degli annunzi di lot- terie fatti nei giornali.

La legge sulla stampa rovescia intieramente la pena delle jisfrazioni alla legge che vi sono commesse sopra il gerente risponsabile, e ne manda pienamente assoluto lo stampatore.

In quella vece la presente legge perfettamente agguaglia nella punizione io stampatore ed il gerente.

Chi volesse giustificare la disformitá Lra le due leggi addurre potrebbe per avventura, non senza fondamento di ragione, intrinseco divario che passa fra i reaii della stampa perio- dica, dove si pesano le parote del giornalista, se ne scanda- gliano le frasi, se ne investiga l’intenzione, e le contravven- zioni alla presente legge.

Queste ultime si riducono all’essersi, contre l’ivi scritto di- vieto, non potuto, nè dovuto ignorarsi dallo stampatore, por- tata alla conoscenza dei pubblico una lotteria. Nel primo caso l’imputazione meglio el gerente del giornale, che non contro lo stampatore s’indirizza. Nel secondo ella può essere contro

entrambi giastamente rivolta per avere il fatto d’entrambi in egual grado concorso a prevaricare la legge.

Ma non occorre di andare soverchiamente pel sattile onde francare da censura la disposizione del progetto di che si ra- giona,

La legge sulla stampa, nel far cadere sopra il solo gerente il castigo, non s’interdí d’estenderlo anche allo stampatore nei casi speciali in cui lo potesse credere opportuno a meglio si- curarne l’adempimento.

Ed è questo, se alcuno ve n°ha, il caso appuato di cosí provvedere onde antivenire il dano che il puro fatto del- annunzio di una iotieria può causare al pubblico, mettendo in avvertenza gii stampatori che tal fatto non andrá per essi inullo,

L’articolo quarto del progetto dispone per rispetto alle lotterie straniere.

Le lotterie straniere hanno comuni colle nazionali tutti gli inconvenienti di queste, e per giunta tirano all’estero il da- naro dei cittadini dello Stato.

Arrogi, inoltre, le moltiformi fraudi, gli affinati tranelli onde si espongono al pericolo di cader vittime i semplici ed inesperti che vi cimentano il proprio danaro sulla mal sicura fede di ampollosi programmi, nei quali leggonsi magnificati e fatti credere poco meno che certi i favolosi guadagni che loro si offrono, e che vanno bene spesso a finire nel tenere in pugno una carta di nissun valore.

È pertanto ufficio del legislatore di vegliare ends non si spaccino nello Stato biglietti di simili lotterie aperte all’e- stero, non se ne agevoli lo smercio, nè in qualsiasi modo si cooperi all’esito delle medesime lotterie.

Ed è ciò che ben a proposito statuisce il divisato articolo coll’aggianta della pena da scontarsi da chi abbia infranta la legge; agguagliati anche qui per paritá di ragione ai gerenti dei giornali gli stampatori che vi pubblicassero programmi e annunzi di lotterie da farsi all’estero.

Somigliante ordinamento legislativo altro non è fuorchè corollario di quella tutela, che al legislatore incombe degli interessi dei cittadini dello Stato ; esso trovasi anche altrove adottato, e vi è scrupolosamente osservato come cosa di al- tissimo interesse per ogni Stato.

11 divisato articolo quarto della legge comprende, e con ragione, nel divieto della vendita dei biglietti delle lotterie estere, anche quella dei biglietti e titoli degli imprestiti, nei quali il capitale e gl’interessi sono distribuiti sotto forma di premi o vincite.

Anche queste sono vere lotterie ; sono (ripetiamo qui le espressioni usate nell’articolo primo) operazioni offerte al pubblico, colla speranza di un guadagno da conseguirsi per designazione della sorte.

Ed è in ciò che sta essenzialmente riposta l’intrinseca e reale differenza tra la vendita dei biglietti e titoli di cotesti imprestiti aventi annessi premi da conseguirsi per beneficio della sorte e per via d’estrazione, e l’alienazione che faccia il proprietario delle obbligazioni dello Stato presso di noi create, dei premi che vanno ad esse congiunti.

Chi vende i premi congiunti alle nostre obbligazioni dello Stato non apre una lotteria, non offre al pubblico un’opera- zione colla speranza di un guadagno da conseguirsi per desi- guazione della sorte; quest’operazione giá l’ha falia il Go- verno ereando obbligazioni cen ammessione di premi da vin- cersi da quelli fra i possessori delle stesse obbligazioni, che nell’estrazione fossero dalla sorte beneficati; e questa ope- razione rimane ferma ed inviolabile a vantaggio dei proprie- tari delle obbligazioni che vi acquistarono ben prima d’era