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documenti parlamentari


Le considerazioni impertanto di pubblico e privato interesse, che determinarono la Camera elettiva, dopo ripetuti studi ed esami del progetto di legge in discorso, ad adottarlo nella sua tornata del 24 aprile scaduto, gioveranno, spero, a meritargli dal senno vostro la desiderata sanzione.


Relazione fatta al Senato il 13 maggio 1854 dall’ufficio centrale composto dei senatori Chiodo, Di San Marzano, Di San Martino, Stara, e Mosca, relatore.

Signori! — Essendo stata sospesa nell’anno scorso l’approvazione del progetto di convenzione fra il Governo ed il comune di San Pier d’Arena per la concessione a questo comune d’una ferrovia dal suo abitato al porto di Genova, perché si reputava dannosa all’interesse del Governo, ed il nuovo progetto riproducendo ora la stessa concessione, però notevolmente modificata, ufficio centrale da voi eletto, o signori, per l’esame preliminare del nuovo progetto, dovette in prima occuparsi della convenienza del medesimo nell’interesse generale dello Stato.

Nel primitivo progetto il comune di San Pier d’Arena aveva esercizio esclusivo del trasporto di viaggiatori e di merci dal porto di Genova all’abitato d’esso comune ed alla stazione governativa in prossimità dello stesso abitato.

Ciò faceva temere una seria concorrenza colla ferrovia dello Stato, per cui si reputava preferibile che il Governo facesse costrurre a tutte sue spese il piccolo tronco di ferrovia di che si tratta, e quindi ne traesse esclusivamente profitto.

Col nuovo progetto si conserva bensì la concessione di una ferrovia a cavalli a favore di San Pier d’Arena, ma si riserva al Governo la facoltà di costruire parallelamente alla via comunale altra ferrovia che si dirami da quella comunale mediante concorso nella spesa del tronco comune, e con facoltà di adoperare locomotive a vapore. Da ciò consegue che le merci che dal porto di Genova vorranno scaricare allo scalo di San Benigno per proseguire il loro cammino lungo la ferrovia dello Stato senza soffermarsi a San Pier d’Arena, preferiranno certamente la via del Governo a quella del comune, il cui ufficio sarà così limitato al trasporto delle merci dal porto di Genova ai depositi o magazzini di San Pier d’Arena. E se si considera che nessuno meglio del comune di San Pier d’Arena può essere interessato al regolare andamento di questo parziale servizio di trasporto, mentre il Governo incontrerebbe gravi difficoltà e spese sia nella costruzione prima della strada, sia nel suo esercizio, si avrà facilmente la convinzione della poca o nessuna convenienza del Governo di fare ed esercire essa via, e nel tempo stesso della quasi necessità di rinunziare nel presente caso ad ogni pubblica concorrenza, e di affidare l’opera al comune di San Pier d’Arena ad eque condizioni. È ben nota la scarsità di magazzini e siti di deposito nell’interno della città di Genova, e ciò massime dopo il maggior movimento commerciale che ebbe luogo da parecchi anni, e che riceve sempre più maggior incremento. L’insufficienza di locali in Genova e l’impossibilità di costrurne dei nuovi per difetto d’area opportuna, o quanto meno per l’ingente spesa all’uopo richiesta, indusse naturalmente a stabilire magazzini a San Pier d’Arena, sussidiari di quelli di Gerova. Ciò ha luogo specialmente per le merci voluminose, le quali richiedono iocali vasti e piani, che non si potrebbero rinvenire nella cerchia montuosa di Genova. Da ciò si scorge che la concessione a favore del comune di San Pier d’Arena, lungi dal recar danno allo Stato od al comune di Genova, è all’incontro proficua ad entrambi.

Ammessa per tal modo la convenienza generale della concessione in discorso, e l’esame delle carte relative state dal Ministero comunicate all’ufficio centrale dimostrando che nel progetta definitivo, che serve di base alla concessione, furono presi gli opportuni concerti colle pubbliche amministrazioni, cui spetta di vegliare al buon andamento dei vari rami di pubblico servizio loro affidati, si è rivolto esame alle condizioni della convenzione intesa tra il Governo ed il comune di San Pier d’Arena.

La decadenza dalla concessione, di cui all’articolo 1, vorrebbe essere incorsa pel fatto dell’ineseguimento delle pattuite condizioni senza bisogno alcuna d’atti giuridici, la qual cosa non è chiaramente espressa e vorrebbe essere specificamente accennata a scanso di inutili e gravi contestazioni. Qualora riesca difficile d’aggiungere alla convenzione qualche articolo addizionale, per cui la legge sarebbe forse ritardata, sarà almeno utile cosa l’interpretare in questo modo il disposto dell’articolo. Ad un quale riguardo potrà il Ministero somministrare al Senato più precise spiegazioni.

È poi sembrato all’ufficio centrale che, avvenendo il caso di decadenza, dovrebbe essere inflitta una qualche penale, come sarebbe il pagamento d’una parte soltanto delle spese utili fatte, e non della loro totalità, come sta scritto infine dell’articolo 1. Richiesto in proposito il signor ministro dei lavori pubblici a dare qualche schiarimento, egli osservò in prima che il comune è tutelato dal Governo, epperciò non deve essere gravato di condizioni troppo onerose, e che rimborsando al medesimo i lavori eseguiti in modo lodevole, ed i materiali di buona qualità ed atti al regolare compimento dell’opera, rimangono a carico del comune tutti i lavori male o meno lodevolmente eseguiti ed i materiali di cattiva qualità od inetti al lodevole compimento dell’opera.

Ad alcuni membri dell’ufficio centrale è pare sembrato che il rimborso dei lavori e dei materiali utili dovesse essere circoscrilto a quanto concerne il tronco comune alla ferrovia a cavalli del comune ed all’altra facoltativa al Governo da esercirsi per mezzo di locomotive. Ma il prelodato signor ministro fece presente essere ipotetico il caso in cui il comune tutelato dal Governo non conduca a buon termine i lavori, e che, avvenendo il caso poco probabile in cui il comune debba abbandonare l’impresa, potrassi trovare qualche privato o qualche società che si assuma il compimento dell’opera, che il Governo non avrebbe la convenienza di fare, come si è detto precedentemente, e ciò senza cagionare alcun sacrifizio al Governo per ottenere compita essa ferrovia a cavalli,

Nel progetto Argenti del 3 gennaio 1853, menzionato all’articolo 1 della convenzione, il piano del ponte da sbarco nel porto di Genova è stabilito a metri 2 40 sopra il pelo del mare in calma, mentre all’articolo 4 esso piano è stabilito a metri 3. Si accenna questa divergenza acciò possa essere notata d’accordo sul profilo che servì di base alla convenzione, al fine d’evitare per quanto è possibile ogni contestazione.

All’articolo 5 è riservato al Governo il diritto di utilizzare lo scalo per una strada di servizio a ruotaie di ferro da esercitarsi con cavalli pel transito e trasporto di pietre dalla cava della Chiapella al molo nuovo da prolungarsi per la sicurezza del porto di Genova. Essendo ben nota l’urgenza di questo prolungamento, il quale richiede l’impiego di un ragguardevole volume di massi di scoglio resistente, non si può che far plauso al divisamente espresso in quest’articolo a favore del Governo e del porto di Genova.

Ma potrà anche tornare di somma convenienza di protrarre