Pagina:Parlamento subalpino - Atti parlamentari, 1853-54, Documenti II.pdf/528

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destinato a riconoscere se la invenzione fosse meritevole di un tale favore, In questo bisegno di un preventivo esame consistendo la difficoltá principale che si oppone a che gli inventori vengano direttamente premiati dal Goverao, od au- torizzati a riscuotere un canone determinato da coloro che volessero giovarsi delle loro invenzioni, noi crediamo doverci trattenere qui alcuni istanti a dimostrare quanto difficile e fallaci sieno di necessitá quei giudizi ai quali può condurre esame preventivo di qualsiasi invenzione,

Quest’esame infatti deve tendere ad accertare principal. mente due cose, cioè: 1° se l’invenzione proposta sia nuora; 2° quale sia il pregio e l’utilitá di essa,

Ora, o signori, fa giá un tempo in cui il numero assai ri- stretto delle arti e degli artieri, la loro classificazione ed il loro ordinamento in corporazioni di arti e mestieri, i rego- lamenti cui questi andavano soggetti, lo stato poco avanzato delle scienze fisiche, l’isolamento in cui vivevano i loro cul- tori, poco curanti delle applicazioni industriali, deile veritá astratte da essi scoperte, potevano readere, non che possi- bile, assai facile il riconoscere se fosse nuovo o non nuovo l’uso di uno strumento o di una macchina, l’introduzione di un procedimento, la fabbricazione di un prodotto. Ma, dacchè la libertá dell’industria, sciolta dagli antichi ceppi delle cor- porazioni privilegiate e dei regolamenti governativi, ha presa un’attivitá, un’estensione non conosciute prima nè sperate; dacchè ognuno, per sostenere la concorrenza dei suoi rivali, ba dovuto incessantemente andare in traccia di migliori e piú economici mezzi di produzione, ed assicurarsi, o colla novitá o colla bontá e bellezza 0 col buon prezzo dei prodotti, uno smercio che la legge piú non si assume l’obbligo di assicu- rargli; dacchè le scienze fisiche tanto progredite porsero al- l’industria soccorsi prima sconosciuti ed ogni giorno cre- scenti; dacché il lavoro, non piú riguardato come cosa igno- bile e vile, divenne sorgente, non pur solo di ricchezze e degli agi che le accompagnano, ma di rispetto e di onorifi- cenze; dacchè la pace ampliò i commerci e per tanti nuovi mezzi di celere trasporto per terra e per mare si moltiplica- rono a cento doppi, e si fecero, non che frequenti, continue e rapidissime le comunicazioni tra popolo e popolo, e lo scambio dei prodotti delle arti e quello dei pensieri, vana lasioga è quella di potere, anno per anno, mese per mese, e quasi ora per ‘ora, tener dietro al progresso delle infinite arti nelle quali l’umana industria si esercita, e registrare gli infiniti medi in cui essa si manifesta, sceverando in ciascuno di essi ciò che deve tenersi per nuovo da ciò che può riguar- darsi come giá prima conosciuto.

La mole dei libri e dei giornali in cui si raccolgono le de- scrizioni dei procedimenti delle arti, si va ogni giorno fa- cendo piú portentosa, non che maggiore; nè umana altivitá sarebbe bastevele a farne, giorno per gierno, lo spoglio, il quale poi poco varrebbe da solo; poichè, se numerosissime, anzi quasi innumerevoli sono le cose che in essi vengono gior- nalmente pubblicate, vieppiú innumerevoli sono quelle che non altrimenti si pubblicano che coll’esercitarsi nelle officine.

Ma, se difficile e quasi impossibile deve dirsi il pronun- ziare sulla novitá di un’invenzione, impossibile assolutamente è il portare sicuro giudizio preventivo sull’utilitá ed impor- tanza di essa.

Quante invenzioni trascurate, sprezzafe, vilipese in sul loro nascere, risultarono piú tardi, non solo utili, ma tali da mutar la faccia di uno o di piú rami d’industria! Quanti inventori, respinti, equasi tenuti per visionarie per pazzi, ot- tennero poi dalla tarda giustizia degli uomini da loro bene- ficati rinomanza e gratitudine!

E, per altra parte, quante invenzioni approvate, lodate, ammirate, ricompesale, protette, mai non poterono alli- gnare, non che portar frutto, perchè veramente mancavano di quei pregi per cui le invenzioni vivono e giganteggiano! Non è meslieri certamente 6 signori, che noi vi rieerdiamo qui per nome il nostro Cristoforo Colombo e ie numerose ri- pulse che egli sostenne, e il vicino Jacquard e le persecuzioni che soffrí, e Salomone di Caus, chiuso siccome dissennato in un ospedale, nè per contro tanti altri di cui altamente ri- suonò la fama, e che parvero dover in breve arricchire se stessi ed i creduli lore fautori, ed i cui nomi giacciono ora ignorati, e le sostanze sciupate in vani tentativi, ripudiati dalla fortuna.

“AUa difficoltá di prevedere tutto ciò che al successo di una novella impresa può soccorrere od ostare, alla difficoltá di accertare i fatti, in spparenza anche i piú manifesti, aggiun- gete, o signori, la difficoltá ancora maggiore di trovare giu- dici, non solo dotti, non solo esperti delle cose industriali, ma esenti da ogni boria, da ogni pregiudizio scientifico o di officina, da ogni opizione preconcetta, da ogni interesse, da ogni spirito di corpo, e voi facilmente riconoscerete che nè accademie scientifiche, nè Camere di commiercio, nè comi- tati di manifatture, nè Giunte permanenti o speciali sono in grado di pronunziare certa sentenza sulla novitá, nè sul va- lore di un’invenzione industriale, e che il far dipendere la concessione delle privative da una simile sentenza è un voler incorrere inevitabilmente in frequenti ingiustizie, sia pre- miando cose e uomini di giun pregio vero, sia respingendo invenzioni di utilitá incomparabile, negando agli autori di esse la ricompensa meritata e privando la societá dei van- taggi che da quelle sarebbero derivati,

Se noi non andiamo errati, ciò che precede vale a di- mostrare piú cose ad un tempo: i° che il sistema delle pa- tenti de! 1826 è viziyso e deve essere surrogato da altro mi- gliore; 2° che la concessione delle privative non deve farsi dipendere da un esame preventivo e da un giudizio sempre incerto; 3° che alle privative non si potrebbe sostituire il sistema delle ricompense dirette, salvi pochi casi eccezionali, senza incorrere nel pericolo di gettare senza pro la pubblica pecunia, o di negare agl’inventori ia giusta mercede; 4° che neppure è fattibile cie questa consista in una tassa percepita dall’inveniore a norma di una fariffa stabilita dalla legge o dai Governo, ed a seconda del merito di ciascuna invenzione; 5° che, per conseguenza, il solo modo equo e praticabile di ricompensare le invenzioni indusiriali, di fecondarle, di pro- muoverie, sta nel riconoscere agli autori di esse, e senza ve- run esame preventivo, il diritto esclusivo di esercilarle per un numero determinato di anni, tale che basti a rimunerarli delle fatiche e delle spese sostenute.

Risulta ancora dai principii medesimi che l’atto o titolo che si ha da rilasciare a ciascun inventore, come testimo- nianza del suo privilegio, e che presso diverse nazioni porta il nome di patente o di brevetto, non deve per niun modo riguardarsi né come un atto sovrano, per cui si conferisca all’inventore niun diritto che giá prima, in virtú della pro- pria invenzione, non gli competesse, nè come documento di una qualsiasi malleveria che lo Stato assuma della realtá e del pregio dell’invenzione, ma sí solamente come una testi. monianza autentica ed irrecusabilo che dall’inventore sono state adempiute le formalitá prescritte per dare alla sua in- venzione data certa, affinchè possano i tribunali mantenerlo nel suo diritto, qual.ra questo gli venga da altri contestato, Onde si conchiude doversi in ogni modo procurare che il nome e la forma del titolo che si rilascia all’inventore ed il