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bitanti privilegi nell’interesse delle medesime. Abbiamo quindi concepita la disposizione relativa alle costituzioni di Societá in modo che i beni mobili od immobili conferiti al- lente sociale, eccettuato solo il danaro, vadano soggetti ai rispettivi diritti di mutazione.

In ultimo, per fornire l’ufficio nostro in ordine alle tasse d’insinuazione, riferiremo sulla petizione numero 5281, giá accennata di sopra.

Varie domande sono ivi contenute, ma di quella soltanto noi dobbiamo occuparci che riguarda le tasse in questione.

Vorrebbero i saviglianesi notai ricorrenti che l’ammini- strazione demaniale riscuotesse queste tasse direttamente dalle parti.

Prima di conoscere la loro petizione, noi giá avevamo în- trodotti, a favore dei notai, alcuni temperamenti nelle dispo- sizioni del progetto che il Ministero ba riprodotte a loro ri- guardo dalle odierne leggi ; e cosí giá avevamo deliberato di esonerarli da ogni risponsabilitá in ordine alle tasse dovute in supplemento a quelle corrisposte per Ja formalitá dell’in- sinuazione,

Se però l’adozione di siffatta misura ci sembra debito di giustizia, non possiamo d’altro santo consentire a rendere i notai estranei al pagamento della somma dovuta per l’esecu- zione di una formalitá della quale ad essi unicamente incombe di curare l’adempimento; imperò, nè la natura delle cose, nè l’interesse del pubblico erario non ci permettono di sco- starci dalle proposte cheavemmo l’onore di sottomettervi su tale rispetto.

II Tasse di successione.

Tre sostanziali cambiamenti alle disposizioni oggigiorno in osservanza, sono contenuti nella proposta di legge, in riguardo alle tasse di successione.

Giá abbiamo discorso di quello che riguarda i debiti ere- ditari. :

Consistono gli altri due in sottomettere alla tassa sí le ren- dite sul debito pubblico e sí le successioni in linea retta in- feriori a lire duemila.

Nel resto, gli articoli onde consta il titolo III del progetto sono quasi tutti letteralmente riprodotti dalla legge del 17 giugno 1851.

La tariffa, ritenute nella misura fissata dalla stessa legge le quotitá estreme di fassa, relative alla linea retta ed agli estranei, aumentò alquanto le intermedie pei collaterali. Il maggior aumento venne poi proposto dal signor ministre delle fivanze colla lettera giá mentovata di sopra, in data del 23 di marzo, in cui chiede che le successioni tra fratelli e tra coniugi sieno sottoposte al 3 per cento.

Avremo l’onore di spiegarvi brevemente il parere nostro tanto sulle disposizioni del titolo III del progetto, quanto sulla relativa parte della tariffa.

Articoli 66-87 del progetto di legge.

Coll’articole 66, primo di questo titolo, viene stabilito il principio generale, che tulle quelle mutazioni di beni posti nello Stato, le quali seguono per successione testamentaria, intestata o contrattuale, vanno a tassa proporzionale sotto- poste. i

La fissazione delle varie quotitá di questa tassa secondo i casi forina l’oggetto della seconda parte della tariffa.

L’articolo 68 contiene due eccezioni : l’una riguarda i la- sciti di somme o di generi in natura, dei quali si debba fare

la distribuzione ai poveri ; l’altra i lasciti per la celebrazione di uffici religiosi.

Nulla troviamo a ridire alla prima di tali esenzioni.

Ma non ammettiamo la seconda, poichè essa importerebbe la derega al principio fondamentale, che conviene serbare illeso, della non deduzione dei pesi alligati alla trasmissione delle cose ereditarie, tanto piú che cosí fatta esenzione po- trebbe dar luogo alla frode.

È qui il luogo di trattare delle rendite sullo Stato. Molte ragioni addusse il signor ministro delle finanze nella sposi- zione dei motivi del progetto, per dimostrare che tali rendite . si possono e si debbono sottomettere, in uno conla massa ereditaria, all’imposta di cui si ragiona.

La Commissione vostra credette di dovere anzitutto occu- parsi della questione di opportunitá e di convenienza, riser- vandosi, dove questa fosse affermativamente risolta, di pas- sare quindi alla questione di dritto.

A tal fine essa invitò il signor minisiro a volersi recare nel suo seno. Nella conferenza che indi ne seguí, si rico- nobbe, colla scorta della relazione fatta nel passato febbraio dal direttore del debito pubblico al Consiglio generale di quella amministrazione, che, sulle rendite vigenti al’ princi. pio del corrente anno in circa lire 27,700,000, ve n’erano per la concorrente di 20 mil’oni e mezzo al portatore ; che, fra îe nominative, ne spettavano per lire 5,700,000 alle fi- ’ nanze, all’Ordine mauriziano, a stabilimenti ecclesiastici, ad istituti di caritá, a comuni e ad altri corpi morali, e solo quindi ne rimanevano per tre milioni e mezzo di pertinenza dei privati. Ora le rendite al portatore sfuggirebbero per la maggior parte a questa imposta, nè possono ad essa dar luogo quelle intestate a corpi morali; ond’è che non si dovrebbe far calcolo tranne sull’ultima delle somme suddette, se pure non decrescesse, ciò che probabilmente non tarderebbe a seguire, mentre, per sottrarsi alla tassa, buov numero di cedole no- minative non tarderebbe a convertirsi in cedole a) portatore. Sarebbe perciò d iben poca entitá, comparativamente al to- tale debito pubblico, il prodotto che si ritrarrebbe dall’assog- gettare tali rendite alla tassa, e non compenserebbe per nulla il danno che ne deriverebbe allo Stato. E, per fermo, noi ab- biamo al presente piú che mai bisogno di rianimare il credito, che facilmente per tal misura si adombrerebbe; noi dobbiamo respingere ogni mezzo, benchè d’immediato vantaggio, il quale allontani il giorno della conversione delle rendite ; nè ci conviene alcun partito che possa indurre i capitalisti a pre- ferire altri Stati per l’impiego dei loro fondi.

Del resto, l’attuale questione fu giá altre volte profonda- mente ventilata in questo recinto, e la Camera sempre stimò di dover eccettuare dalla tassa di successione come da ogni altra imposta le rendite di cui si tratta. Per queste conside- razioni vennero unanimi i commissari vostri col signor mi- nistro nella sentenza, che sia per lo meglio consacrare nuo- vamente la disposizione scritta nel numero 2 dell’articolo 3 della legge del 17 giugno 1851.

La quale deliberazione, appoggiata unicamente a motivi di opportunitá e di convenienza, rende inutile ogni esame in- torno alla estensione dell’immunitá accordata dall’articolo 4 del regio editto del 24 dicembre 1849, e lascia enninamente intatta la questione di vedere se, a termini di dritto, si po- trebbero imporre le rendite sul debito pubblico, quando ciò dal potere legislativo. si ravvisasse d’interesse dello Stato.

Oltre alle eccezioni riguardanti i lasciti ai poveri e le ren- dite sul debito pubblico, pensa îa Commissione che ninn’a?tra debba essere ammessa. E però consente col signor ministro . della finanza nel sottoporre alla tassa anche le successioni in