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NOTE
Pag. 5, v. 1, 2, 4, 8 — Cavedagna: strada campestre; biroccio: più secondo l’etimo così, che baroccio; brasche: un telaio, per così dire, di legno, messo sul biroccio o sul carro, per renderlo più largo e capace; chiercie, non cerchie, avrei voluto dire coi toscani dell’Apennino: coreggiati per battere il grano, I bolognesi dicono: zerci.
Più giù (pag. 17, v. 6) è lebe, che traduce il bol. aibi e rom. ebi, che vale abbeveratoio, e mi sembra da aggiungere a mâtra, calzêdar e simili voci lasciate sulle spiagge dell’Adriatico dai bizantini.
Pag. 5, v. 11 — Fantino o fantolino: bimbo. Ricorda la graziosa canzoncina popolare bolognese del dugento, edita dal Carducci (Cantilene e ballate, 1871) e dal Casini (Le rime dei Poeti Bolognesi del secolo XIII, 1881). Eccola in una lezione quasi al tutto fedele (cfr. Crest. It. per Ernesto Monaci, pag. 294):
For de la bella caiba fuge lo lusignolo. |