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118 1938


Il pessimismo cosmico è una dottrina di consolazione. Molto peggio sta chi credendo all’ambivalenza dell’ordine esistente, riconosce se stesso per inadatto, quindi per condannato a soffrire.

(Cfr. 22 giugno ’38).

La coscienza esiste, ma non è come dicono il cristallino assoluto che ci sorveglia: è la protesta del nostro amor proprio che sa come in avvenire noi stessi giudicheremmo un nostro atto e vuole impedirci di metterci contro alla risultante di tutta la nostra esperienza. In ogni uomo la coscienza vieta o ammette cose diverse e con diverse intensità. Questi interventi sono sempre risultanti dell’esperienza.

Dare un giudizio morale su di un atto altrui, è rilevare il disagio in cui quest’atto metterebbe o non metterebbe noi se, fatti come siamo, l’avessimo compiuto. È illogico, ma come valutare il disagio in cui è caduto o meno l’autore, visto che un’esperienza è sempre incomunicabile? o, che torna lo stesso, comunicandosi muterebbe perché mescolata con quella che precedentemente era nostra?

Un tentativo interessante è la Spoon River Anthology, dove ciascun morto si giudica in base all’esperienza propria. Va da sé — per il già detto — che propriamente parlando la cosa è assurda: è l’autore che giudica ciascuno in base all’esperienza sua; ma è questo un assurdo che si rinnova per tutti i narratori, di cui naturalmente le dramatis personae sono un personaggio solo, l’autore. Interessa il fatto che Lee Masters giudica il mondo come un luogo dove ciascuno trae dalla sua esperienza la propria condanna o la propria giustificazione.

Inutile dire che nell’esperienza di ciascuno di noi concorre anche il conto in cui teniamo i giudizi altrui.

22 ottobre.

Il personaggio e le sue cose vanno sempre presupposti come esseri reali. Non bisogna aver paura nelle prefantasie di vederli vivere e agire. Bisogna anzi lasciarli fare tutto ciò che possono.

A un certo punto, riferire quanto hanno fatto.