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154 1939

il tema adatto a raccontare che la gioventú è finita. Fine sarebbe non parlare mai di gioventú nella storia, ma lasciarlo indovinare appunto dal rifiuto di scatenarsi. Se mai, titolo: Giovinezza finita. E, al fondo, il pensiero: Ecco, non farò piú queste cose; farò degli sbagli riflessivi, ora, sbagli di limitazione, non di universalità.

Anche perché la malvagità scomposta richiede una scioperataggine e una disposizione a soffrire che non ci sono piú a trentanni.

18 novembre.

Non ti piace Mérimée proprio per quelle doti che ne fanno un «artista squisito». Senti che è un uomo che ignora ogni serietà d’ambiente, che ripugna a impegnarsi, che tagliuzza quadri multicolori in una posticcia società d’accatto. Muta gli ambienti come i vestiti. Non sa vivere un dramma dell’uomo nel suo ambiente; anche dove è tragico, è tragico per sentito dire, per supposizione, ma gli mancano le radici nello sfondo (Carmen). Tutto l’opposto di Stendhal che vive la bella società con l’impegno di un fanatico e di un santo demonio.

Cfr. col 28 luglio ’38 — dove si scopre la legge di ogni trama meritoria: «vedere come quel tale se la cava in quel dato ambiente».

Ora, Mérimée che non crede a nessun ambiente, non può prendere sul serio e sodificare nessuna sua trama.

19 domenica-novembre.

Compreso, leggendo Landolfi, che il tuo motivo del caprone era il motivo del nesso tra l’uomo e il naturale-ferino. Di qua il tuo gusto della preistoria: il tempo in cui s’intravede una promiscuità dell’uomo con la natura-belva. Di qui la tua ricerca dell’origine dell’immagine in quei tempi: la promiscuità di un primo termine (solitamente umano) con un secondo (solitamente naturale) che sarebbe qualcosa di piú di un semplice fantastico: una testimonianza di un nesso vivo. Tutto era già afferrato (15 settembre ’36, II) quando hai commentato Lévy-Bruhl notando come l’immagine, giusta la mentalità primitiva, non era gioco espressivo ma positiva