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21 maggio.

Se è vero che l’individuo si accoppia di preferenza al suo contrario (la «legge della vita»), ciò nasce dal fatto che esiste un orrore istintivo di esser legato a chi esprime i nostri stessi difetti, le nostre idiosincrasie, ecc. La ragione è evidentemente che difetti ed idiosincrasie, scoperti in chi ci è vicino, ci tolgono l’illusione — prima da noi nutrita — che fossero in noi singolarità scusabili perché originali.

28 maggio.

Le immagini di Faulkner (Sanctuary) sono modi di dire dialettali e immaginosi — tipo «a l’è fol côme na vaca ’n bici». Per esempio gli occhi del vecchio sordo «come voltati all’interno e mostranti il deretano dei globi» o Temple che pensa di diventare uomo e sente l’impressione di un tubo che rivolta come il dito di un guanto — flop! — Sono insomma l’immagine elisabettiana: «Fate is a spaniel we cannot beat it from us». Sono immagini narrative, non contemplative, che sostituiscono all’oggetto un’evidenza espressiva; le immagini che creano la lingua (ad-ripare, arrivare).

29 maggio.

The Revenger’ s Tragedy di Tourneur avrebbe potuto essere la storia del vindice esacerbato che, mettendosi all’opera, scopre che ogni valore piú caro è corrotto o pronto a corrompersi; e tale accenna a diventare nella corruzione da lui praticata della madre Graziana (sc. i, a. II) e nel discorso della figlia Castiza (sc. iv, a. IV). Senonché la madre si ripente presto e la figlia faceva per finta. La storia si riduce cosí a un gioco d’intrighi e di sangue tra gli ambiziosi e i lussuriosi della corte e i vendicatori; e Vindice non fa nei cinque atti nessuna scoperta morale, non raccoglie un’esperienza, ma meccanicamente procede alle sue vendette ed è poi altrettanto macchinalmente punito. Tant’è vero che le sue ultime parole non sono il ieratico canto del cigno dei personaggi shakespeariani, o websteriani (White Devil: le ultime parlate di Flammeo e Vittoria)