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rivoluzioni? Ma, tralasciando che non si è cavato mai buona poesia dall’idea di una rivoluzione in atto, io non mi entusiasmo per loro se non a fior di pelle. Naturalmente non si tratterebbe di descrivere i tumulti, l’oratoria, il sangue e i trionfi, ma di vivere nell’atmosfera morale della rivoluzione, e di qui contemplare e giudicare la vita. Provo io questo rinnovamento morale? No, ed ho anzi sinora rivelato una tendenza a celebrare nella vita piuttosto le facoltà statiche goditrici che non quelle attive rinnovatrici. L’incapacità quindi a fare il gran passo rinnovatore, dopo il quale potrei s’intende giudicare e godere la vita, nella nuova atmosfera quanto piú contemplativamente mi piacesse. Non posso che sperare di incontrarmi in altri valori storici che non siano le rivoluzioni violente e, di questi, secondo le mie facoltà, fare immagini.

Che è molto ragionevole. A sentire, non esistono ora che gli impulsi alle rivoluzioni violente. Ma tutto nella storia è rivoluzione; anche un rinnovamento, una scoperta impercettibili e pacifici. Via quindi anche il preconcetto oratorio del rinnovamento morale che ha bisogno (magari da parte di altri, gli attivi) detrazione violenta. Via questo bisogno infantile di compagnia e di fracasso. Io devo contentarmi della minima scoperta contenuta in ogni singola poesia, e mostrare il mio rinnovamento morale nell’umiltà con cui mi sottopongo a questo destino, che è la mia natura. Che è molto ragionevole. Se non è però pigrizia o vigliaccheria.

17 ottobre.

Avendo ripreso stamattina e finito la poesia della lepre, di cui, appunto per via della lepre, disperavo, mi sento una tal quale baldanza a perseverare nello sforzo inglorioso. Mi pare davvero di avere acquistato un istinto tecnico tale che, senza pensarci deliberatamente, ormai le mie fantasie mi escon fuori immaginate secondo quella fantastica legge che nominavo il 10 ottobre. E questo ho gran paura voglia dire che è ora di cambiar musica, o almeno, strumento. Se no, arrivo al punto che prima ancor di comporre la poesia, ne abbozzo il saggio critico. E diventa un affare burlesco come il Letto di Procuste.

Ed ecco trovata la formula per l’avvenire: se un tempo mi dan-