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1941 205

l’universalità del giudizio storico? La sua verità? (Leggendo pugliatti, L’interpretazione musicale).

2 febbraio.

L’amico P. è composto di un bonario e caparbio senso del suo merito, che si rivela anche nel fondamentale distacco dalle faccende del prossimo, un massiccio riserbo come di contadino che non tolleri l’intrusione di altri nel suo mondo attivo. È un uomo che non dubita mai intorno al suo atteggiamento, e ignora quindi la nervosa adattabilità di rapporti che altri ha col mondo. Se non fosse «artista», se non avesse cioè coltivato in sé una disposizione a osservare disinteressatamente contegni e aspetti del prossimo, sarebbe un perfetto campagnolo. Ma anche su questo disinteresse si potrebbe discutere: è disinteressata una facoltà che lui fa servire senza scarti alla composizione attiva del suo mondo, e che non si permette deviazioni inutili, per esempio letture che non convergano a quella cultura che lui immagina «teatrale»? Gli è mai accaduto di vivere un’esperienza, una realtà, che non entrando nel suo iniziale schema giovanile (per tracciare il quale ha, beninteso, sperimentato una volta tanto), lo facesse traballare?

Uomo cattolico e, certo, convinto del dovere dell’umiltà, egli è tuttavia cosí fatto che i valori della vita li stringe a sé, senza orgasmo e senza sorpresa, come dovuti. Questo è il suo schema. Quando gli dico che ignora la psicologia, intendo non che ignora i meccanismi umani su cui costruisce i suoi drammi, ma che, oltre questo campo del «possibile» psicologico vissuto nell’arte, egli non ha mai vissuto nella realtà un dubbio psicologico, una malattia dello spirito — di quelle malattie che, sole, fanno sperimentare e intravedere gli abissi della coscienza. Si direbbe che a queste esperienze in corpore sui egli si ricusi — per la già detta ragione forse che non vede la praticità delle malattie. E certo, se anche domani si lasciasse andare a una crisi psicologica e brancolasse, lui lo farebbe per esplorare materiale di tragedia, non per esigenza vitale. Poiché le esigenze vitali sono già soddisfatte da quel suo schema caparbio e cattolicamente campagnolo e — per quanto vale la parola — egoistico.

Nasce di qua il tono melodrammatico delle sue pagine migliori.