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svolgersi del fatto, che avendo luogo in una non frivola coscienza perde la sua materialità e acquista significato spirituale, diviene stato d’animo.

10 novembre.

Perché chiedo sempre alle mie poesie il contenuto esauriente, morale, giudicante? Io che non mi capacito che l’uomo giudichi l’uomo? La mia pretesa non è altro che un volgare voler dire la mia. Che dista molto dal distribuire la giustizia. Rendo io giustizia nella mia vita? M’importa qualcosa della giustizia nelle cose umane? E allora perché la pretendo pronunziata in quelle poetiche?

Se figura c’è nelle mie poesie, è la figura dello scappato di casa che ritorna con gioia al paesello, dopo averne passate d’ogni colore e tutte pittoresche, pochissima voglia di lavorare, molto godendo di semplicissime cose, sempre largo e bonario e reciso nei suoi giudizi, incapace di soffrire a fondo, contento di seguir la natura e godere una donna, ma anche contento di sentirsi solo e disimpegnato, pronto ogni mattino a ricominciare: i Mari del Sud insomma.

12 novembre.

Ciò che precede può essere una generalizzazione. Bisognerebbe fare l’inventario delle poesie del libro, quali non entrano nel quadro tracciato. È evidente che non sarà divario di vicende a differenziare i gruppi, tanto piú che il mio protagonista «ne passa d’ogni colore», ma divario nel sentire, per esempio: capacità di soffrire a fondo, insofferenza della solitudine, scontento della natura, cautela e malignità. L’unico di questi proposti atteggiamenti che trovo eccezionalmente già realizzato è l’impazienza della solitudine nel rispetto sessuale (Maternità e Paternità). Ma presento che la via nuova non sarà né nel senso corso già in lungo e in largo né nei vari «non» escogitati per opposizione; ma nello sfruttamento di qualche modo laterale che, conservando il personaggio già realizzato, sposti insensibilmente gli interessi e l’esperienza. Questo è accaduto al tempo di Una stagione, quando, interessan-