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del carcere, e cosí via. Mitica è quest’immagine in quanto lo scrittore vi torna come a qualcosa di unico, che simboleggia tutta la sua esperienza.

Ero in treno, disperato e attento1.

17 settembre.

Una piana in mezzo a colline, fatta di prati e alberi a quinte successive e attraversate da larghe radure, nella mattina di settembre quando un po’ di foschia la spicca da terra, t’interessa per l’evidente carattere di luogo sacro che dovette assumere in passato. Nelle radure feste, fiori, sacrifici, sull’orlo del mistero che accenna e minaccia di tra le ombre silvestri. Lí, sul confine tra cielo e tronco, poteva sbucare il dio. Il luogo mitico non è quello individualmente unico, tipo santuario o simili (correggere l’11 settembre), ma bensí quello di nome comune, universale, il prato, la selva, la grotta, la spiaggia, la radura, che nella sua indeterminatezza evoca tutti i prati, le selve, ecc. e tutti li anima del suo brivido simbolico.

Qui di nuovo si vede come il ritorno all’infanzia valga a saziare la sete di mito. Il prato, la selva, la spiaggia dell’infanzia non sono oggetti reali tra i tanti, ma bensí il prato, la spiaggia come ci si rivelarono in assoluto e diedero forma alla nostra immaginazione trascendentale. Che poi queste forme trascendentali si siano ancora arricchite dei sedimenti successivi del ricordo, vale come ricchezza poetica ed è altra cosa dal loro significato originario di mito.

Insomma, le «cose che han fatto unici i luoghi dell’infanzia» (2° capoverso 11 settembre) sono una cosa sola: il formarsi delle immagini trascendentali.

Basta questo a sostituire il brivido religioso?

  1. Nel manoscritto leggiamo: triste ma curioso [N. d. E.].
    disperato e attento