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Pagina:Pavese - Il mestiere di vivere.pdf/266

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262 1944

bella coloritura di personaggi, un tono di scena. Direi che il pregio è di Beaumont. Manca, di Shakespeare, la costruzione ironica e significativa. Il dramma è già sentimentale e melodrammatico (benché Cymbeline e Winter’s tale gli somiglino). E questo è Fletcher.

24 marzo.

Con Bonduca si capisce tutto. È Fletcher solo.

Manca la fantasia ricca e unitaria. Nel comico ci sono le battute non le immagini di wit. Nel tragico si declama non si fantastica. I personaggi sono a ticchio (Caratach, Petillius, Penius), non hanno una vita profonda di fantasia. Qui si capisce come l’apparente vernice uguale delle immagini continue dia ai personaggi shakespeariani una umanità ricca e indifferenziata su cui appunto si possono stagliare i tratti singoli. Come nella vita, che tutti si somigliano. La caratterizzazione in Fletcher è invece astratta.

30 marzo.

r. guardini, Lo spirito della liturgia.

p. 185. «Se si esamina, però, piú da vicino e piú a lungo la questione, si avverte facilmente che la formula “primato del Logos sull’Ethos” potrebbe anche non essere la decisiva e suprema. Forse si deve piuttosto dire: nell’ambito complessivo della vita il primato definitivo deve averlo non l’agire, bensí l’essere. In fondo esso non riguarda l’agire, bensí il divenire: non ciò che si fa, bensí ciò che è e si svolge costituisce il valore supremo. Non nel tempo, ma nell’eternità, nell’eterno presente stanno le radici e si trova il compimento di ogni cosa. Ed il valore definitivo non sta nella concezione morale, ma nella concezione metafisica, non nel giudizio di valore, ma in quello di essenza, non nello sforzo, ma nell’adorazione». p. 187 «...primato della verità, ma nell’amore...» Nella liturgia trionferà questa posizione: placida, calma, contemplativa, indifferente, non parenetica, non educatrice, gioco.