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animo, da umiltà e distacco, ma dal lungo servaggio, dall’accettazione dell’arbitrio e della dittatura. Hai l’anima dello schiavo, non del santo.

Che a vent’anni, quando i primi amici ti lasciarono, tu soffrissi per nobile sofferenza, è una tua illusione. Ti dispiacque dover smettere abitudini gradite, non altro. E continui adesso, tale e quale.

Tu sei solo, e lo sai. Tu sei nato per vivere sotto le ali di un altro, sorretto e giustificato da un altro, che sia però tanto gentile da lasciarti fare il matto e illudere di bastare da solo a rifare il mondo. Non trovi mai nessuno che duri tanto; di qui, il tuo soffrire i distacchi — non per tenerezza. Di qui, il tuo rancore per chi se n’è andato; di qui la tua facilità a trovarti un nuovo patrono non per cordialità. Sei una donna, e come donna sei caparbio. Ma non basti da solo, e lo sai.

12 maggio. (Roma)

Ciò che piú giova alla poesia, alla «letteratura» di uno che scrive, è quella parte della sua vita che vivendola gli pareva la piú lontana dalla letteratura. Giornate, abitudini, casi che non solo parvero un perditempo, ma un vizio, un peccato, un gorgo. Qui la vita di costui s’arricchí. Vedi l’infanzia in ogni biografia. Vedi le male avventure.

13 maggio.

L’innocente, l’onesto cittadino, l’uomo che non c’entrava eppure fu vittima di un tragico errore al tempo delle guerre civili, diventa sempre meno interessante e quasi comico. Nessuno, in realtà, «non c’entra» ai nostri tempi.