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non conservare un amico, non contentare una donna: non guadagnarsi la vita come chiunque. Questo è il raté piú triste.

9 novembre.

La ripetizione nelle nuove poesie non ha una ragione musicale ma costruttiva. Osservare come le frasi-chiave in esse sono sempre al presente, e le altre vi convergono anche se al passato. Voglio dire che mi succede in queste poesie di afferrare una realtà attuale, non narrativa ma evocativa, dove accade qualcosa a un’immagine, accade ora, in quanto l’immagine viene ora elaborata dal pensiero e veduta agire e affondare le sue radici nella realtà.

La parola o frase ripetuta non è altro che il nerbo di questa immagine, costruito da cima a fondo come un’impalcatura, il perno per cui la fantasia gira su se stessa e si sostiene appunto come un giroscopio che esiste solo nel presente, in azione, e poi cade e diventa un ferro qualunque.

13 novembre.

Ai piccoli grandi uomini giunge sempre un momento in cui gli fanno pagare la grandezza dicendogli: «Sei grande, ma appunto per questo non mi arrischio ad affidarti la mia vita».

Un uomo non rimpiange per amore chi l’abbia tradito, ma per avvilimento di non avere meritato la fiducia.

16 novembre.

Non è già chiaro tutto il suo destino in un bimbo di tre anni che, mentre lo vestono, pensa inquieto come farà a vestirsi da grande, lui che non sa?