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C’è qualcosa di piú triste che invecchiare, ed è rimanere bambini.

Se il chiavare non fosse la cosa piú importante della vita, la Genesi non comincerebbe di lí.

Naturalmente tutti ti dicono «che importa? Non c’è solo questo. La vita è varia. L’uomo vale per altro» ma nessuno — nemmeno gli uomini — ti dànno un’occhiata se non hai quella potenza che irradia. E le donne ti dicono «che importa? ecc.» ma sposano un altro. E sposarsi vuol dire costruire una vita. E tu non te la costruirai mai. Questo vuol dire, esser stato bambino troppo tempo: questo.

Se ti è andata male con lei che era tutto il tuo sogno, con chi ti potrà mai andare bene?

Ricordi come i tuoi sogni di case operaie e limpide, i tuoi corsi alberati su un prato, la tua città fredda sotto le montagne, le insegne al neon rosso di fronte alla piazza delle montagne, le domeniche erranti verso questa piazza, sui selciati, e poi il tuo lacerante sogno di compagnie piemontese-intemazionali, di ragazze che vivono sole e lavorano, di plebea eleganza e serenità, e poi tutte le tue poesie del primo anno: si sono annichilati per sempre col 9 aprile? Non c’è tutta la tua giovinezza nel cinema e nella piazza Statuto? morta, morta assolutamente?

Ricordi come a Brancaleone hai pensato alla piazza Statuto?

Proprio a te doveva accadere di concentrare tutta la vita su un punto, e poi scoprire che tutto puoi fare tranne vivere quel punto.