Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 1, Einaudi, 1961.djvu/243

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Neanche Amelia non sapeva dove andare. Era un pomeriggio corto e freddo, tutto umido di nebbia, che toglieva la voglia anche di andare al campo a veder la partita. Amelia le chiese un caffè e voleva restarsene in casa, distesa sul sofà a discorrere. Ma Ginia si mise il cappello e le disse: — Usciamo. Voglio andare in collina.

Amelia, caso strano, si lasciò comandare: era pigra quel giorno. Presero il tram per far piú presto e non sapevano perché. Ginia diceva, camminava, sceglieva le strade come avesse uno scopo. Quando attaccarono la salita, cominciò a piovigginare, e Amelia si lamentava e non voleva piú saperne. — È solo nebbia che cade, — disse Ginia, — non è niente — . Erano ormai sotto le piante dei parchi, per lo stradale vuoto, dove pareva di esser fuori del mondo e si sentiva soltanto lo sciacquio del fossato e, lontano alle spalle, il sobbalzo di qualche tram. Si cominciava a respirare un’aria bagnata e aperta e, piú che freddo, si sentiva odore di foglie marce. Amelia poco alla volta si svegliava, e trottavano a braccetto sull’asfalto e ridevano dicendo che bisognava esser matte e che nemmeno le coppiette non andavano in collina con quel tempo.

Una bella automobile le raggiunse e, passata avanti, cominciò a rallentare. — Avessimo quella, — diceva Amelia. Dall’automobile si sporse un braccio grigio, che fece segno. — Posso offrire? — disse una faccia incaramellata, quando furono a tiro. — Prendiamo l’automobile, Amelia? — bisbigliò Ginia ridendo. — Di’ piuttosto, — disse Amelia, — che questo ci porta fino a casa del diavolo e poi ci lascia a piedi.

Tirarono avanti e quello seguiva a passo d’uomo, e diceva stupidaggini e suonava la tromba. — Io ci vado, — disse Amelia, — scusa, è sempre meglio che consumare le scarpe.

— La biondina non viene? — disse, saltando a terra, quel tale. Era un uomo sui quarant’anni, magro magro.

Allora presero posto, Amelia in mezzo e Ginia schiacciata contro lo sportello. Il signore magro s’insinuò sotto il volante e, tanto per cominciare, gettò il braccio intorno alla spalla di Amelia. A vedersi quella mano ossuta e scura vicino all’orecchio, Ginia pensò: «Se mi tocca, lo mordo». Ma partirono subito, e il profilo di quel signore — che aveva una brutta cicatrice sulla tempia — si concentrò sulla strada, e Ginia, poggiata la guancia al finestrino, pensò come sarebbe stato bello passare sempre viaggiando quei sette giorni che Guido non c’era.


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