Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 1, Einaudi, 1961.djvu/291

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la pena. Quasi preferivo le notti che si prendeva l’automobile e si correva la costa in cerca di fresco. Succedeva che su qualche belvedere, mentre tutti ballavano, io potevo a volte scambiare quattro chiacchiere con Doro o con Clelia, o dire convinte sciocchezze a qualcuna delle signore. Bastava allora un bicchierino e la brezza del mare, per rimettermi in sesto.

Di giorno sulla spiaggia era un’altra cosa. Si parla con strana cautela quando si è seminudi: le parole non suonano piú nello stesso modo, a volte si tace e sembra che il silenzio schiuda da sé parole ambigue. Clelia aveva un modo estatico di godersi il sole stesa sulla roccia, di fondersi con la roccia e appiattirsi al cielo, rispondendo appena con un susurro, con un sospiro, con un sussulto del ginocchio o del gomito, alle brevi parole di chi le fosse accanto. Mi accorsi ben presto che, stesa cosí, Clelia non ascoltava veramente nulla. Doro, che lo sapeva, non le parlava mai. Stava seduto sul suo asciugamano con le ginocchia tra le dita, fosco, inquieto; non si stendeva come Clelia; se qualche volta ci si provava, dopo pochi minuti eccolo a torcersi, a voltarsi sul ventre, o a risedersi come prima.

Ma non si era mai soli. Tutta la spiaggia brulicava e vociava — per questo Clelia alla sabbia di tutti preferiva gli scogli, la pietra dura e sdrucciolevole. Nei momenti che si rialzava, scuotendo i capelli intontita e ridente, ci chiedeva di che cosa avevamo parlato, guardava chi c’era. C’erano amiche, c’era Guido, c’era tutta la compagnia. Qualcuno usciva allora dall’acqua. Qualche altro c’entrava guardingo. Guido col suo accappatoio di spugna bianca arrivava con sempre nuove conoscenze che ai piedi dell’ombrellone congedava. E poi saliva sullo scoglio e canzonava Clelia, e non entrava mai in mare.

L’ora piú bella era il mezzodí passato o il tramonto, quando il tepore o il colore dell’acqua inducevano i piú restii a bagnarsi o a passeggiare per la spaggia, e si restava quasi soli, tutt’al piú con quel Guido che discorreva amabilmente. Doro che aveva la malinconia di distrarsi coi pennelli, piazzava a volte un cavalletto sullo scoglio e dipingeva barche, ombrelloni, chiazze di colore, contento di guardarci dall’alto e ascoltare le nostre ciance. A volte qualcuno del gruppo arrivava in barca, e accostava con cautela e ci chiamava. Nei silenzi che seguivano, ascoltavamo lo sciaguattare del fiotto tra i sassi.


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