Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 1, Einaudi, 1961.djvu/373

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— Starei fresco. Le donne si trovano. Ce n’è dappertutto.

Io guardavo dal vetro lo strapiombo del mare. Ascoltavo l’orchestra e pensavo all’estate. Mi venne in mente la chitarra. Avrei voluto andar con Linda, a mezzanotte, sulle spiagge, e suonare, abbracciarla, star solo con lei. Quella notte che aveva perduta la sciarpa, era sola sul mare. Se soltanto riuscivo a toccare l’estate...

Carletto disse: — Ti dico che ho impegno. Non posso mollarli cosí. Vuoi capirla? — e rideva cattivo.

E Lubrani: — La prova l’hai fatta. Tu devi solo fare il comico e sfruttarti. Mangiate, sí o no? Questo è il punto. Se non mangiate è colpa vostra.

Carletto disse: — La rivista è bella. È piaciuta perfino ai giornali... — Tirò fuori i giornali.

Lubrani schiacciò il sigaro e si guardò intorno. — Non volete ballare? — disse a me. — Che ora è?

Quando tornammo da quel ballo, era fatta. Lubrani chiudeva la penna e Carletto studiava il bicchiere. Ci lasciammo alla macchina. Ci disse: — Saluto — con un’aria leggera. Linda gli disse: — Vieni presto, — con l’allegria che hanno le donne, poi si cacciò tra le coperte. Partimmo cosí sotto il sole, e l’ultima cosa che vidi furon quelle colline spelate che sembrano cenere.


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