Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 1, Einaudi, 1961.djvu/410

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— Tu non hai una casa, — mi disse. Il tu me lo diede piú tardi, ma tant’è.

— Esco appena da casa; son sempre stato fra sottane.

— Ci stai bene, — mi disse. — Devi restarci se vuoi farti una tua casa.

La guardavo e ridevo. Mi piaceva di Roma proprio quel fare perditempo che si sente nell’aria. Se bevevo un bicchiere non era piú come a Torino; non bevevo di rabbia e cosí per torcermi il sangue. Tutto, la gente, quelle case, il vino chiaro, me lo sentivo entrare dentro e ricrearmi. Sapevo di viverci e che avrei lavorato, che avevo dietro tanta strada e le montagne; mi faceva l’effetto ogni giorno di scendere allora dal camion e che, volendo, tutto il mondo era una strada come Roma. Se mi tornava quella rabbia di Torino, stringevo i pugni, alzavo gli occhi, mi muovevo, e pensavo che Pablo era a Roma. Bastava. Ero un altro, stavolta.

Con quei pochi che mi ero avanzato da casa, facevo la mia figura. La Marina mi prendeva cento lire, e mi dava il caffè, mi lavava la roba. Le comprai delle arance e una volta suonai la chitarra. Era grassa anche lei ma cosí vecchia che non poteva camminare. La mattina se ne restava seduta in camicia e sottana, e mi guardava farmi la barba e mi diceva ch’ero giovane. In quel letto, mi disse, ci aveva dormito una bella figliola, piú bella ancora di Dorina — piú fresca e piú giovane: si pettinava a quello specchio come me, si lavava la bocca a quel mio lavandino. Era bruna, si chiamava Rosario.

— Quanto chiede? — le dissi voltato allo specchio.

La Marina, seduta, rideva. — Voi di Torino mi piacete, — chiacchierò. — Non sapete mangiare il finocchio. Volete arrivar subito alla polpa e buttate via tutto. Non ha polpa il finocchio.

— Qualche volta ci resta nel gozzo, — le dissi.

Ma Rosario, mi disse, era un’altra faccenda. Da due anni faceva fortuna; era stata a Fregene e ci aveva trovato un signore coi fiocchi. Era sua mezza Roma.

— Lei lo bagna nell’olio il finocchio, — dissi.

E Marina a spiegarmi che Roma era come una botte. Si dimenava sulla sedia e si lagnava. — Se non fossi una vecchia, — diceva. — A noi romani piace troppo mangiar bene e andare a spasso. Siamo al punto che vedi. Quando son nata si viveva in Campitelli; per venire quaggiú la domenica dovevi fare testamento. Ebbene credi


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