Pagina:Pellegrino Rossi e la rivoluzione romana I.pdf/107

Da Wikisource.

capitolo secondo 99

sumata che quella che le presta il signor conte De Montalembert. (Benissimo! Benissimo! Risa di approvazione).

La Chiesa non ha cominciato col volere immischiarsi nel governo delle cose di questo mondo. Piú tardi essa l’ha voluto, e se ne è immischiata; e più tardi ancora, ella ha cessato di volerlo. (Benissimo!).

E la Chiesa ha avuto completamente ragione di immischiarsene ad una data epoca, perchè il governo delle cose di questo mondo appartiene a coloro che sanno e, allora, la Chiesa sola sapeva: i laici nulla sapevano e non conoscevano che la forza, la forza brutale. (Nuove approvazioni).

E voi venite a dire che la Chiesa non cambia mai di condotta? Ma, signori, la Chiesa, nel paese che mi ha veduto nascere, appoggiò nel medio evo le libertà popolari.

Il signor conte De Montalembert. Ella le ha appoggiate da per tutto.

Il signor Rossi. E ha fatto bene; perché a quel tempo ciò che importava era di porre un termine alla feudalità, a questa tirannia che paralizzava tutti i progressi dei popoli.

Più tardi la Chiesa venne in soccorso del principio monarchico, e fece bene ancora, perchè il principio monarchico era per gli Stati un principio di unità, d’ordine, di grandezza e, perciò, una causa efficace di potenza e di civilizzazione. (Benissimo! Benissimo!)

Eh! signori, è necessario dunque fare qui un corso di storia per provare che la Chiesa ha saputo sempre, nella sua condotta esterna, tener conto dei fatti, che essa ha seguito, con una ammirabile prudenza e una grande sagacia, le fasi della vita sociale e che ella ha saputo adattare ad esse la sua azione e la sua influenza? Questa è la verità. Non ci si venga dunque a presentare la Chiesa come ostinata in ciechi pregiudizi, come decisa a non tenere alcun conto dei fatti esteriori e a considerare gli uomini per esseri condannati ad una immobilità assoluta. No: essa conosce meglio le leggi della Provvidenza; della Provvidenza che ha fatto gli uomini e la società perfettibili e ha loro imposto i mutamenti ed il progresso: onde la condotta della Chiesa doveva necessariamente cambiare per non trovarsi in contraddizione con le leggi della Provvidenza, (segni di approvazione).

Ma io vado più lontano, o signori, oso predire che la Chiesa cambierà ancora.

Io non sono di quelli che si stupiscono, che si adirano perchè una parte più o meno considerevole dei membri del nostro clero commette, io lo dirò, degli errori, e si inganna. Che v’ha in ciò da meravigliarsi? È la prima volta che la Chiesa si trova in presenza di un governo rappresentativo permanente e regolare, di un governo che, mantenendo l’ordine, sa svolgere nel tempo stesso in giusta misura tutte le pubbliche libertà. Io non sono meravigliato che innanzi a questo gran fatto sociale, a questo fatto nuovo, la Chiesa provi un momento di incertezza e di imbarazzo e che alcuni dei suoi membri cadano in errore. Quando avrebbe ella potuto fare l’esperienza di un governo rappresentativo? Ove avrebbe ella potuto apprendere tutti i segreti della situazione attuale? In Inghilterra, forse, nella patria del test? O in Irlanda in mezzo alla servitù dei cattolici? O negli anni che susseguirono la rivoluzione del 1789? Ohimè! quei terribili anni che poterono essi insegnare al clero se non la rassegnazione ed il martirio? (Nuove e vive approvazioni).