Pagina:Pellegrino Rossi e la rivoluzione romana I.pdf/110

Da Wikisource.
102 pellegrino rossi e la rivoluzione romana

sua abilità, la quale abilità consisteva - come avviene sempre in tutte le coscienze fiacche e dai deboli convincimenti - nell’ondulare fra le opposte sentenze, nascondendo l’oscitanza sotto il velo della calma spassionatezza, per tenersi sempre dischiusa la via au juste milieu e aperta la ritirata sul campo dell’opportunismo, egli, dopo avere riepilogata l’origine, la storia, gli intendimenti e le evoluzioni della Compagnia di Gesù, nata e vissuta per sostenere la fede contro il libero esame, il dogmatismo contro la scienza, il principio di autorità contro la libertà, dopo avere affermato che la Spagna, il Portogallo, l’Italia erano deperite fra le loro mani e sotto la loro influenza, aggiungeva: «Oggi, almeno, la Società di Gesù riconosce l’esperienza? Ammette essa che il libero esame possa sussistere accanto alla potestà civile? Che la pubblica critica possa essere esercitata sopra l’autorità che resta forte e regolare? Se i gesuiti ammettono questo fatto, se essi sono illuminati da questa esperienza, vengano a prendere il loro posto fra noi, liberi e sottomessi alla libera concorrenza di tutti i cittadini. Ma il pubblico crede, ed ha forti ragioni di credere, che i gesuiti non hanno profittato abbastanza dell’esperienza di tre secoli, che essi non hanno completamente rinunciato al pensiero primo della loro origine, che l’idea della lotta contro il libero esame e il libero controllo dei poteri pubblici non sia ancora uscita dai loro spiriti; se ciò è, se i gesuiti persistono a disconoscere i risultati dell’esperienza, essi apprenderanno che si ingannano oggi come si ingannarono tre secoli fa, e saranno oggi battuti come già lo furono»1.

Questa esitazione e dubitazione continua, questo parlare circonvoluto e pieno di sottintesi e di riserve, questo dire e non dire, questa eloquenza del ti vedo e non ti vedo, passava allora, fra i dottrinari, per sapienza politica!

«Ma» - soggiunge tosto, dopo riferito quel suo discorso, il Guizot - «nella Camera, come nel pubblico, e fra gli amici del gabinetto come nell’opposizione, gli spiriti non erano nè così calmi, nè così equi; essi erano più inquieti di me sulla potenza dei gesuiti e meno fiduciosi in quella della società e della libertà. Si contavano le case che i gesuiti possedevano in Francia,

  1. F. Guizot, Mémoires, ecc., vol. VII, cap. 43, pag. 379 e seg.