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intenzioni di limitatissime riforme venivano al Pontefice innovatore proprio da coloro che lo avrebbero dovuto aiutare e servire nella qual si fosse sua opera riformatrice.

Cosi - come altrove notai - la contraddizione, che era insita ed implicita nella duplicità degli uffici onde era investito Pio IX, si manifestava subito limpida, inesorabile, stridente, fin dal primo giorno in cui egli volle compire un atto di principe riformatore. Il fatto è lieve per sè stesso, ma importantissimo per la sua significazione, appunto perchè è la prima prova del dissidio e della contraddizione esistente fra le due missioni imposte a Pio IX, ed è un fatto sfuggito a tutti gli storici, meno ad uno dei minori che lo accennò, ma non ne rilevò la gravità. Il giorno 16 luglio Pio IX aveva sottoscritto l’acclamato editto del perdono, con cui erano amnistiati Pietro Renzi e gli altri ribelli del moto riminese dell’anno innanzi: ebbene quello stesso Pio IX, due giorni dopo, il 18 luglio 1846, «non volle defraudare dei meritati premi coloro che si segnalarono nel prestare opera più o meno energica, reprimendo i tentativi dei liberali nel settembre del 1845, quali premi, decorazioni ed altro aveva predisposto e consentito il suo antecessore»1. Cosi, nell’istesso istante e con la stessa mano, il Pontefice - un po’ per la forza della contraddizione imperante su lui Principe e Papa, un po’ per la fiacchezza del suo animo pauroso ed oscillante - assolveva e benediceva i ribelli di Rimini, e premiava e benediceva coloro che quei ribelli avevano combattuto ed oppresso.

L’8 di agosto 1846 il Pontefice nominava a suo segretario di stato il Cardinale Pasquale Gizzi di Ceccano, assai lodato dal D’Azeglio nel suo libretto Degli ultimi casi di Romagna2 e in voce di liberale e che i Romani, nei giorni del conclave, avevano desiderato e sperato Papa.


  1. B. Grandoni, Regno temporale di Pio IX, anni primo e secondo, Roma, dalla tip. Salviucci, 1848, anno I, pag. 18.
  2. «La provincia e legazione di Forlì, sottoposta al Cardinale Gizzi, al quale ci gode l’animo render quell’omaggio che merita la sua umanità e la nobiltà del cuore, che rifugge da ogni lordura di polizia, ne impedisce le provocazioni ed ogn’altra ribalderia, non offriva campo atto alla Commissione speciale. I temperati modi del Cardinale tenevan la legazione incolpabile e tranquilla»; M. D’Azeglio, Degli ultimi casi di Romagna, Italia, 1846, pag. 64.