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capitolo terzo 149

scuotendo i Veneti e i Lombardi, verso quell’ideale fremevano i Romagnoli, i Toscani, gli Umbro-Marchegiani, i Romani e, fin anco, i più lontani e non meno ardenti Napoletani. A quell’ideale quotidianamente alludevano, più o meno copertamente, tutti i giornali, anche gli scientifici e letterari, ad esso i discorsi pubblici e privati, ad esso tutti i versi e le poesie, di cui in Italia non fu mai penuria, di cui, a quei giorni, v’era strabocchevole esuberanza. Eppure a questo ideale Pellegrino Rossi, che ci ha avvezzato a quella sua penetrazione sottile, a quella sua previdenza amorosa, non accenna nel suo carteggio col Guizot: è bensì vero che anche il ministro di Luigi Filippo, cullato dalle lusinghe volpine del Principe di Metternich, non se ne avvedeva e non se ne preoccupava, nella sua corrispondenza con l’ambasciatore di Francia a Roma, neppure lui. Forse il Guizot - e come ministro degli esteri ebbe torto - non si aspettava alla improvvisa aggressione provocatrice, compiuta dalla Corte di Vienna con l’occupazione di Ferrara.

Il Principe di Metternich, il quale par certo avesse affidato al Cardinale Gaysruck, arcivescovo di Milano, la missione di adoperare il diritto di esclusiva — che un’antica consuetudine accordava alla Spagna, alla Francia, e all’Austria nel conclave - e di adoperarlo o contro il Gizzi, o contro il Mastai se egli, giungendo in tempo, avesse veduto, ai primi scrutini, papeggiare o l’uno, o l’altro1, era rimasto vivamente commosso e preoccupato dell’atteggiamento liberale assunto, con l’amnistia, dal nuovo Pontefice2. Un Papa liberale era tale controsenso, secondo le idee e i convincimenti del Principe di Metternich, che egli non aveva mai potuto fare entrare un fatto simile neppure nelle sue

  1. Il diritto di veto o di esclusiva per impedire la elezione di un Cardinale a Pontefice, le dette tre Potenze cattoliche non potevano usarlo che una volta sola, per cui, suppposto che il Card. Gaysruck fosse giunto in tempo in conclave per dare l’esclusiva contro il Mastai, quando questi aveva raccolto sul suo nome diciassette voti, non avrebbe poi potuto impedire al partito più mite, o più temperato del Sacro Colleggio di eleggere il Gizzi.
  2. Il Principe di Metternich era contrario all’amnistia e si sarebbe rassegnato — se Pio IX proprio lo voleva — al perdono, e scriveva al conte Lutzow ambasciatore austriaco a Roma, in data di Vienna, il 12 luglio 1816, facendo sottili e bizantine distinzioni fra perdono e amnistia; «Dio non accorda punto l'amnistia — ...la misericordia di Dio è esercitata mediante il perdono». C. De Metternich, Mémoires, già citate, vol. VII, pag. 251 a 256.