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154 pellegrino rossi e la rivoluzione romana

è ancora dubbio - sebbene gravi indizi indurrebbero a crederlo vero - si è soltanto se, di tutti quei maneggi tenebrosi della politica metternichiana, non fosse inteso e complice lo stesso Pontefice1.

La politica del Metternich, da altra parte, i pensieri di lui, i suoi timori, le sue aspirazioni nella questione italiana non man-

  1. C. Cattaneo, nelle sue Considerazioni in fine del primo volume del citato Archivio triennale italiano, a pag. 245 scrive; «La famosa fuga di Pio IX, la quale fu poi conpiuta in novembre del 1848, erasi già meditata e tentata a mezzo luglio 1847, parecchie settimane prima che i buoni Milanesi si facessero ammazzare, cantando per le vie il santissimo nome». A confortare questa opinione dell’illustre lombardo ecco, primo, F. De Boni, il quale, in un volume, stampato a Capolago, 1849, poco dopo l’espugnazione di Roma, intitolato: Il Papa Pio IX e che fa parte della raccolta dei Documenti della guerra santa d’Italia pubblicata in dieci volumi da B. Del Vecchio, pure a Capolago, veniva a dimostrare la connivenza segreta di Pio IX nell’invasione austriaca del luglio 1847, con alcune frasi sfuggite al Papa stesso, nella sua enciclica del 20 aprile 1849 da Gaeta, nella quale, raccontando, a modo suo, i fatti avvenuti dal giorno della sua esaltazione al Papato fino a quel dì, diceva: «In sì grande conflitto di cose, ed in tanto disastro, nulla lasciammo intentato per provvedere all’ordine e alla pubblica tranquillità. Imperocchè pria d’assai che avvenissero quei tristissimi fatti del novembre, procurammo, con ogni impegno, che si chiamassero in Roma i reggimenti svizzeri addetti al servizio della Santa Sede e stanziati nelle nostre provincie il che però, contro il nostro volere, non ebbe effetto, per opera di quelli che nel mese di maggio sostenevano il carico di ministri» - cioè per colpa del ministero Mamiani. - «Nè questo soltanto» — continua Pio IX —  «ma anche prima d’allora, come in appresso, a fine di difendere l’ordine pubblico, specialmente in Roma, e di opprimere l’audacia del partito sovversivo, rivolgemmo le vostre premure a procurarci soccorsi di altre truppe, che per divina permissione, attese le circostanze, ci vennero meno». Ora, concludeva il De Boni, l’allusione era chiarissima e la confessione era preziosa; Pio IX evidentemente intendeva parlare del tentato intervento austriaco nel luglio 1847, non rinvenendosi, dal maggio 1848, epoca in cui il buon pastore voleva chiamati in Roma gli Svizzeri a portarvi la guerra civile, a riandare in su verso il 1847, per cercar che si cerchi, alcuna occasione e veruno accenno di intervenzione straniera, a cui quelle parole pontificali possano alludere, tranne la minacciata e segretamente concordata, per mezzo del reazionario mons. Viale Prelá, nunzio a Vienna, intervenzione austriaca della metà di luglio del 1847.
       Poco dopo la pubblicazione dell’accennato volume del De Boni, anche un altro storico, G. Gabussi, Memorie per servire alla storia della rivoluzione degli stati romani dalla elevazione di Pio IX al pontificato fino alla caduta della Repubblica, tre volumi molto importanti, perchè l’autore, antico condannato politico, era stato anch’esso, come il De Boni, deputato alla Costituente romana, pubblicati a Genova, coi tipi del R. Istituto dei sordo-muti, 1851, anche il Gabussi, che probabilmente non conosceva il volume del De Boni, in una lunga nota, contenuta nelle pag. 79 a 81 del vol. I, sostiene, con limpido e serrato ragionamento, la stessa tesi dal De Boni sostenuta e la quale non manca di avere molta serietà e importanza e se non costituisce una vera e assoluta prova, è però un indizio gravissimo contro Pio IX.