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inesorabilità e obbligava il Papa, che non voleva e non sapeva uscirne, che non aveva il coraggio di uscirne e il quale perciò si dibatteva, insipiente e impotente, fra le ferree strette di quella inesorabilità, a dare ai suoi sudditi una siffatta illusoria, ingarbugliata e impossibile costituzione, nella quale, dai suoi doveri di Papa, era costretto a salvaguardare e tutelare, sopra tutto, le tradizioni del dogma religioso a danno della libertà politica, i diritti del collegio cardinalizio a danno di quelli che egli voleva concessi ai sudditi, gli interessi della Chiesa a danno di quelli della patria.

Ma, allora, in quel marzo del 1848, dopo la rivoluzione di Parigi, «gli stati erano simili» - per usare l’espressione di quel preveggente che fu sempre il Principe di Metternich- «alle case minate: se cominciano a scricchiolare, la caduta segue con la rapidità del fulmine»1.

La rivoluzione francese aveva prodotto uno scoppio generale: a Londra si agitavano minacciosi i cartisti, in Irlanda le popolazioni cattoliche insorgevano in armi, in Svezia i popoli chiedevano altamente le riforme, in Spagna avvenivano tentativi di insurrezione repubblicana, nel sud-est della Germania, due grandi assemblee popolari a Manheim e a Stoccarda domandavano nettamante: libertà di stampa, tribunali con giurati, armamento del popolo e un parlamento tedesco. Di là quel movimento si diffuse nel Baden, nel Wúrtemberg, nell’Assia e il 1° marzo ebbe una inattesa e tanto più grave manifestazione nelle ardimentose domande della dieta germanica di Francoforte, sin lì supina ossequiatrice del gran cancelliere austriaco, la quale si ripercosse in Prussia ed ebbe poi un’altra solenne affermazione il 5 marzo ad Heidelberg.

Il Principe cancelliere aveva scritto quelle profetiche parole il 7 marzo; sette giorni dopo, il 14 dello stesso mese. Clemente di Metternich, cadeva sotto il furore di una sommossa popolare, a Vienna, dal potere che aveva tenuto dal 1809, per trentotto anni e «il signor di Hügel, noto esploratore dell’Asia, lo sot-

  1. C. Di Metternich, Mémoires, ecc., già citate, vol. VIII, pag. 286. Cfr. con T. Flathe, Il periodo della Restaurazione e della Rivoluzione, citato, lib. III, cap. II, pag. 775.