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e assicurava preoccuparsi grandemente il governo della «manchevole e pericolosa condizione finanziaria del paese» e proporsi «ristabiliti l’ordine e la quiete, di provvedere efficacemente ai rimedi», e concludeva: «Noi speriamo fra breve poter indicare dei fatti; e preferiamo narrare piú tardi, anzichè oggi predire».

Questo sommario di un programma della politica du jtcsfe milieu incontrò il pubblico favore e da una parte dei giornali, Costituzionale, Labaro, Pallade e fin’anche l’Epoca, fu approvato e lodato. Lo combatteva il Contemporaneo che «a traverso all’apparato pomposo delle frasi, intravedeva l’anima fredda, egoista, calcolatrice di interessi materiali e l’assenza degli ideali patriottici» e affermava che quello era «il linguaggio arido del sofista protestante (!) ginevrino sotto il regno materialista di Luigi Filippo»1.

Il Don Pirlone poi faceva un quotidiano fuoco di fila, sia con gli articoletti, sia con le caricature, contro il ministero, specialmente contro il Rossi, e metteva continuamente in ridicolo, in modo più speciale, i ministri Cardinale Soglia, avvocato Cicognani e Duca Massimo.

Il Rossi, intanto, provvide perchè, giusta i voti emessi dal Consiglio dei deputati, fossero assegnati sussidi e pensioni ai volontari feriti nella passata guerra o alle vedove dei morti combattendo.

Ordinò che immediatamente si stabilissero due linee telegrafiche, l’una che da Roma, per Ancona e Bologna, facesse capo a Ferrara, l’altra da Roma a Civitavecchia: e anche di questi provvedimenti egli rendeva conto, scrivendo egli stesso nella Gazzetta di Roma del 2 ottobre, un altro bellissimo articolo2 il quale conchiudeva con queste notevoli parole: «Voglia Iddio che le nostre speranze non siano deluse per le male passioni e gl’impeti pazzi e gli inescusabili errori che troppo altre magnifiche e giuste speranze delusero».

Ma queste ed altre provvisioni erano goccie d’acqua all’arsura onde erano tormentati i liberali italiani e romani, i quali

  1. Contemporaneo del 26 settembre, n. 138.
  2. Vedilo nel Farini, op. cit., vol. II, cap. XVI, pag. 331 e seg.