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16 pellegrino rossi e la rivoluzione romana

A Ginevra convenivano, come aveva detto l’arguta madama De Staël, come ad ospizio comune, tutti i feriti politici di Europa; feriti, s’intendeva, in servizio della libertà, nella lotta contro la reazione. Quindi là si trovavano accolti Stefano Dumont, collaboratore del Mirabeau, Gian Carlo Leonardo Sismondo de’ Sismondi, il grande storico; il giureconsulto e pubblicista Bellot; i filosofi Simon e Prévôt; Candolle, l’insigne naturalista; l’illustre fisico Larive e i valorosi scrittori Pictet, Bonstetten e Lulin de Châteauvieux.

In mezzo a tutti costoro si insinuò, pian piano, Pellegrino Rossi e, ben presto, con l’attrattiva che esercita sempre l’uomo d’ingegno potente e di cultura superiore, col fascino che deriva dalla parola eloquente di un grande pensatore, egli seppe conquistare e conquistò tutti quegli ingegni, che divennero tutti suoi estimatori, amici ed ammiratori.

Così, vincendo, man mano, le diffidenze che egli doveva suscitare fra i rigorosi calvinisti ginevrini come cattolico, fra i primeggianti conservatori come profugo liberale, superando, con tenacia di volontà veramente meravigliosa, la difficoltà maggiore che a lui si opponesse nel vagheggiato e desiderato apostolato della cattedra, quella di dovere esprimere correttamente ed efficacemente i propri pensieri in una lingua non sua1. Pellegrino Rossi passò a Ginevra tre anni in paziente, continuo, amorosissimo lavoro e, con quella facilità e potenza straordinaria di assimilazione, che era uno dei più spiccati caratteri, forse il più spiccato fra i caratteri del suo singolarissimo ingegno, «ben presto la lingua francese non ebbe più segreti per lui: egli ne penetrò le delicatezze, ne divinò i lenocini e parlò prettamente francese»2. E non solo parlò agevolmente quella lingua, ma potè e seppe in essa divenire potente, efficacissimo, affascinante oratore, senza perdere mai quel qualche cosa, sia nell’accento, sia nella pronuncia, che palesava la sua origine italiana, onde nel suo dire vi «era sempre qualche cosa di musicale, ma

  1. Di questo difficoltà e dogli sforzi tenaci fatti dal Rossi per superarle parlano Louis Reybaud, loc. cit.; Hubert Saladin, loc. cit.; A. E. Cherbuliez nella Bibliothèque Universelle, art. del 1849; Ch. De Mazade, loc. cit.; G. De Puynode, loc. cit.; Alph. Curtois nel Journ. des Économ. 5 agosto 1887.
  2. Louis Reybaud, loc. cit.