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capitolo quinto 255

medesimo, alla testa di un forte manipolo di militi del suo battaglione sui luoghi indicati e vi stette fino a mezzanotte e non trovò la menoma traccia di ammutinamento1.

Però secondo le, forse esagerate e maligne, relazioni degli agenti di polizia potè nel Conte Rossi nascere il dubbio che l’Accursi, d’accordo con quei sussurroni, li avesse prevenuti e avesse fatto disdire la riunione.

Ma, fosse o non fosse vero che l’Accursi andasse inteso coi fratelli Facciotti - ciò che meglio si potrà rilevare in seguito certo è che il Conte Pellegrino Rossi si addentrò sempre più nel sospetto - già avuto, fin dal suo primo ascendere al ministero - che il suo assessore di polizia fosse legato ai rivoluzionari; onde, il 6 novembre, gli affidò la missione di andare a studiare il sistema penitenziario all’estero, con incarico di fare una particolareggiata relazione, per adattare i metodi moderni, usati altrove, ai penitenziari pontifici; soppresse l’assessorato di polizia e nominò direttore della divisione di polizia al ministero dell’interno il romano avvocato Pietro Pericoli.

Di queste che erano, allora, le sole trame che si ordissero e di cui si abbia avuta notizia, poi, in processo, e non contro la persona del Rossi, ma contro il governo pontificio, il ministro dell’interno era perfettamente informato: e l’insigne uomo ad esse attribuiva - ed a ragione - ben lieve importanza.

Frattanto, poichè l’avvocato Giuseppe Giuliani si era dimesso da Consigliere di stato e a lui era stato sostituito l’avvocato Antonio Gherardi, presidente del tribunale di appello di Macerata, il Rossi pensò di surrogargli in tale ufficio l’avvocato Giuseppe Gulletti, deputato di Castelmaggiore e che già due volte era stato ministro di polizia. E lo fece dal suo collega Cicognani nominare presidente a Macerata.

Ma, nel frattempo, le trattative per la lega con la Toscana e col Piemonte, interrotte, per un momento, per la dimissione data dall’abate Antonio Rosmini dall’ufficio di plenipotenziario, nel quale era stato sostituito dal consigliere De Ferrari, venivano riprese, instandovi il governo sardo, che si sentiva trascinato, suo malgrado, da un cumulo di fatti indipendenti dalla

  1. Vedi il rapporto del Colonnello Tittoni fra i Documenti, al n. LI.