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capitolo sesto 287

Allora intervenne il fatto che prova la presunzione del Montanari e che io traggo tale quale, senza metterci nè sale, nè olio, dalle carte di monsignor Pentini, e che è avvalorato da altre testimonianze.

È accertato che, sulle prime, quel rimasuglio di consiglio di ministri rassegnò le proprie dimissioni nelle mani del Papa, proponendo di mandare subito un corriere di gabinetto al Generale Zucchi a Bologna per chiamarlo a Roma e, probabilmente, alla testa degli svizzeri.

Intanto che il Rufini correva al ministero di polizia per far partire immediatamente per Bologna il conte Zampieri1, e molto sdegnato il Papa declamava — e, veramente, non a torto — che tutti lo abbandonavano, «il professore Montanari, pentito e dolente di perdere il ministero, posizione che gli dava l’appunto di mensili scudi trecento - così scrive monsignor Pentini - pensò proporsi per successore del Conte Rossi nel ministero dell’interno, sfoggiandosi in millantazioni che avrebbe sostenuto e difeso nelle Camere il Santo Padre, purchè lo nominasse a quel ministero. E malgrado che monsignor Pentini gli facesse rimarcare l’assurdità della cosa e che era un complicare maggiormente le cose con questa nomina incoerente e parziale della sua persona, pure, in quei momenti di orgasmo e d’incertezza, riusci a farsi nominare come interino ministro dell’interno, senza che però volesse, potesse o facesse cosa alcuna, tenendosi solo la nomina in tasca, senza affatto mostrarsi in pubblico e dandosi solo moto quale forsennato, or borioso della sua nomina, or convulso della incertezza di poterla sostenere e conservarsi il mensile assegno di scudi trecento, nulla faceva all’infuori di ingenerare maggiore confusione ed imbarazzi»2.

  1. Processo cit., deposizione Rufini, foglio 4040 a 4062.
  2. Carte di monsignor Pentini nella biblioteca Vittorio Emanuele di Roma, busta 20, c. 24. Naturalmente io, per parte mia, faccio tutte le riserve sugli apprezzamenti di monsignor Pentini circa alle cause che poterono spingere il professor Montanari ad offerirsi al Papa quale ministro dell’interno, perchè quelli sono giudizi al tutto subiettivi, contro i quali testifica tutta la ulteriore lunga ed onorata vita del Montanari; ma adduco le parole del Pentini per ciò che riguarda la constatazione del fatto che egli si offrì ed insistè per essere incaricato a reggere il ministero dell’interno in quel tremendo momento d’anarchia e che si mostrò inetto e impotente nella difficile e pericolosa bisogna.