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«Lo spavento della morte di Rossi aveva annientato i nostri persecutori, e non si fece più parola della nostra partenza»1.

Queste parole il Generale Garibaldi le aveva, probabilmente, scritte fra il 1868 e il 1872, quando preparava quelle sue Memorie. In quelle poche linee il grand’uomo aveva riflessi, con fedeltà fotografica, i pensieri e i sentimenti suoi del 1848. Forse qualcuno dei suoi familiari gli fece osservare come quelle parole fossero troppo crude, forse gli fece osservare che i ventidue anni trascorsi dal 1848 al 1870 avevano apportato luce nuova di documenti per cui quel giudizio, il quale poteva avere apparenza di verità nel 1848, sembrava soverchiamente severo, forse anco ingiusto, nel 1870; sono supposizioni mie e che sorgono in me quando, sotto quelle parole del Generale, leggo una nota che ha quasi faria di un pentimento, o almeno, di una attenuazione che risponda ad obiezioni fattegli da qualcuno. Ecco che cosa dice la nota: «Un figlio di Rossi ha servito meco in Lombardia, ed è un distinto e valoroso ufficiale. Il di lui padre sarà stato un genio, come alcuni vogliono descriverlo; ma genii ed uomini onesti devono servire la causa del proprio paese, e il Papato in quei giorni la tradiva»2.

Ma il giudizio dell’Eroe, il cui animo era generosissimo, ha questo massimo valore: esso dimostra nei sentimenti di questo grandissimo Italiano, così genuinamente e quasi brutalmente da lui riprodotti, quali fossero, nel 1848, i sentimenti di tutti gl’italiani che avevano l’animo esagitato dalla febbre patriottica. Perciò, se profonda era nella coscienza di tant’uomo la convinzione che Pellegrino Rossi, con la sua politica asservita al Papato, tradisse la causa nazionale, se quella grande coscienza — nello stato di passione in cui si trovava — poteva approvare il colpo che toglieva di vita il Rossi, facilmente si spiegherà l’imparziale e obiettivo studioso di quella storia le condizioni delle coscienze di coloro che prepararono e compirono l’uccisione di Pellegrino Rossi, facilmente comprenderà, come, alla fin fine, coloro credettero, in buona fede, di fare, dal punto di vista loro, opera meritoria di patriottica redenzione. Per dare

  1. G. Garibaldi, Memorie autobioqrafache, Firenze, Barbèra editore, 1888, Secondo periodo, cap. V, pag. 213 e 214.
  2. G. Garibaldi, op. e loc. cit.