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capitolo sesto 321

verno reale e dichiarare le sue intenzioni rispetto all’Italia centrale, ha fatto conoscere che il gabinetto sardo era d’accordo con l’Austria e con Napoli per intervenire ostilmente contro il principio democratico di Toscana e di Roma, ha smascherato Gioberti, e lo ha esposto al ludibrio ed alla esecrazione del mondo ed avrebbe sbalzato dal trono anche Carlo Alberto... se questo principe non si fosse affrettato a dichiarare che Gioberti aveva operato incostituzionalmente e senza saputa del Re, nell’avere spedito truppe piemontesi in Toscana, ecc.»1.

Ora, per quanto in queste informazioni, date al governo siciliano dal Padre Gioacchino Ventura, vi fosse, evidentemente, un po’ di esagerazione, non v’ha dubbio alcuno che esse, nel loro complesso, erano vere.

Le esagerazioni erano di due specie: una riguardava la triplice alleanza monarchica, l’altra si manifestava negli oscuri, anzi tetri apprezzamenti intorno al Rossi.

Nella prima la esagerazione consisteva nel credere che il ministero Pinelli prima e quello Gioberti poi, pur proponendo e sostenendo la intervenzione armata piemontese in Toscana e a Roma, nell’interesse e pel mantenimento del principio monarchico costituzionale, procedessero d’accordo con il governo austriaco, del che non v’ha ombra di documento o di prova, ed è assai dubbio se, data l’adesione del Re Ferdinando II a quel progetto, i ministri piemontesi ne avrebbero accettata la cooperazione. Quei supposti e temuti accordi con l’Austria erano sospetti, giustificabili in quei terribili momenti di angoscia e di patriottica trepidazione, ma privi di ogni fondamento e ai quali, pur tuttavia, prestava fede anche il Padre Ventura, come tanti altri valentuomini, a quei dì, vi prestavano fede.

Ma nondimeno v’era in quelle informazioni del Padre Ventura un gran fondo di verità, essendo noto allora, notissimo oggi il disegno del Gioberti, da lui stesso ripetutamente confessato, specie nel Rinnovamento civile d’Italia2, il disegno, cioè, di «recare ai regnanti di Firenze e di Roma il soccorso delle armi piemontesi, anche disdetto, anche mal gradito e respinto», imperocchè

  1. G. La Massa, Documenti sulla guerra siciliana, Torino, 1850, vol. II pag. 144 e seg. Cfr. con G. Gabussi, op. cit., pag. 181 e seg.
  2. V. Gioberti, in molti luoghi del Rinnovamento, specie vol. I, cap. XII.