Pagina:Pellegrino Rossi e la rivoluzione romana I.pdf/383

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documenti 375

Ma poniamo di tanto anche ne fosse la Provvidenza benigna, di darne uno nella difficile unione delle due qualità perfetto. Sarebbe egli perpetuo, come perpetuo ne è il bisogno? I Traiani e gli Antonini sono assai rari nella storia dei Regnanti ed in tanti secoli e in tanto numero di Regni, appena t’incontri in un altro nome che suoni ai posteri con egual fama ed amore. Ma prima e dopo quei sommi, che lunga serie, ed oh lagrimevole per le Nazioni! Finchè ciò non si faccia, che è ai Sudditi il mancare di un Pontefice, ed il succeder di un altro? Agli stolti può esser cagione di stolta gioia e di brevi speranze, ma a chi vede ed estima le cose come sono non vi è ragione di allegrezza, ma di rammarico, prevedendo il futuro dal passato: un distinguere quello che fu, senza sostituire quello che dovrebbe essere: un sorgere di consigliatori, e di favoriti novelli ove erano gli antichi; un mutar di nomi; un migliorar di condizioni non mai.

E chi di voi, o Integerrimi, eletto al Governo nostro disdegnerebbe tali norme al Potere? Chi anzi non le abbraccierebbe lieto, essendo aiutato, e sicuro por esse nell’operar bene, ritenuto, ed avvertito a quel ch’egli medesimo provvide dianzi cogli altri al pubblico bene?

È un piacere (ha detto uno dei regnanti attuali di Europa) che dovrebbero provar tutti i Sovrani, l’esser certo per queste sanzioni di non errare nella difficile impresa del bene dei propri sudditi.

Quali poi dovrebbero essere queste leggi organiche, chi può dirlo? Voi nella vostra sapienza e nel vostro zelo, saprete trovarle. Pure la esperienza maestra di tutte le cose, pare ve ne tracci la via. Vedeste il Pontificato di Pio VII certo non tutto infelice; ma in gran parte, e massime dopo quel suo glorioso ritorno alla Santa Sede, dare utili provvedimenti e convenevoli ai tempi. Vedeste su questo Stato, che dalla comune rovina sorgeva a novella vita, spuntar come l’alba di nuove leggi e di nuovi costumi, quale l’onnipotente vicenda dei rivolgimenti avvenuti esigeva, ed i popoli sentir contenti i primi effetti di un saggio Governo, che alla natura dei tempi seconda, e aprir l’animo a speranze migliori. Che se di quelle Costituzioni non avemmo quanto se ne poteva avere di bene, fu o perchè niente al suo nascimento è perfetto, o forse anche perchè in quella ebbe luogo un arbitrio che le deformava, e le derogava a sua posta, rompendo così quel bene, che in promulgandole si proponeva. Vedeste il Pontificato del successore di Pio VII, e nel concetto proposito, di distor quel ch’era fatto, e di tenere nel reggimento dei popoli altro fine ed altro modo, vedeste il nostro danno; ed oggi udite quali parole di motteggio e di scherno accompagnino al sepolcro la memoria di chi a quel Pontificato diè il nome, parole veramente vane, ed indecenti, ma certa prova che l’opinione pubblica non si calpesta mai impunemente.

Seguite dunque, o Saggi, quella via che ne addita l’esperienza; gittate le fondamento del Pontificio Governo sull’orme dell’immortale Pio VII, decretate che lo spirito dello sue istituzioni si siegua, quelle poi correggendo, meglio ordinando e componendo il sistema con quella prudenza che sola dal consiglio di un intero Senato può derivare. Costruite l’edifizio, che le forze di un solo non giungono a perfezionare. Compite quest’opera grande, adempite il voto dei popoli, fate quello che il secolo presente domanda, e domanderanno vie più gli avvenire, rendete l’interregno fra Leone XII ed il suo successore più famoso di quanti Pontificati mai furono e saranno.