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capitolo secondo 79

siglio reale dell’istruzione pubblica, che la respinse, poi al Consiglio di Stato, il quale ugualmente la rigettò.

In tale condizione di cose, Pellegrino Rossi si presentò il 29 novembre 1834 sulla nuova cattedra alla Scuola di diritto: l’aula rigurgitava di spettatori. Al suo apparire egli fu accolto dagli applausi di una parte del pubblico e dai fischi dell’altra, intanto che parecchi strepitavano: alla porta lo straniero! Appena egli cominciò a pronunciare qualche frase, col suo accento italiano, fu interrotto da voci che esclamavano: parlate francese!, intanto che altri gridavano: lasciatelo parlare!

Egli, turbato da prima, riprese tosto tutto il freddo suo imperio su sé stesso, tentò più volte di cominciare la sua lezione, ma non gli fu possibile mai compiere un periodo; pure rimase, per tutta l’ora che avrebbe dovuto durare la lezione «calmo e dignitoso sulla sua cattedra dinanzi a questo indescrivibile disordine»1.

La seconda e la terza lezione furono tempestose come la prima; onde si dovette fare intervenire la forza armata alla Scuola di diritto: vi fu qualche collisione, qualche percossa, qualche lieve ferita2; per cui il Consiglio dei ministri, su proposta dello stesso Guizot, ordinò la sospensione del corso di diritto costituzionale e contemporaneamente una inchiesta che ponesse in luce quali fossero i sommovitori interni ed esterni di quei tumulti: frattanto gli spiriti agitati si sarebbero calmati. «I due

  1. Colmet-Daage - testimone oculare - loc. cit.; A. E. Cherbuliez, F. Mignet, C. De Mazade, F. Guizot, I. Garnier, G. De Puynode, A. Courtois, luoghi indicati.
  2. L’illustre A. De La Forge, esasperando le tinte nella narrazione di questi fatti, come esagera quasi sempre nelle pagine che consacra al Rossi, nel citato suo libro Des vicissitudes politiques, ecc., scrive che «il Collegio di Francia gli apre le sue porte, la Scuola di diritto vuol chiudergli le sue; la gioventù, che ama poco gli spiriti mutevoli, specialmente quando essa sa che ciò è a spese della coscienza, ricusa le lezioni del profugo straniero. La forza armata interviene, il sangue cola ed è dall’alto di una cattedra circondata di agenti di polizia e di soldati, che il nuovo professore incomincia le sue lezioni». Dove, a parte l’esagerazione del sangue che cola, è ingiusta l’accusa di mutabilità data a Pellegrino Rossi; ingiusta perché, a quel tempo, egli in nulla aveva cambiato, restando moderato, costituzionale, dottrinario quale si era palesato fin lì a Bologna e a Ginevra; più ingiusta, in quel momento, da parte dei tumultuanti che ne turbavano, a priori, l’insegnamento, prima ancora che egli avesse proferito una frase e manifestato una sola idea.