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capitolo decimonono 119

l’abitazione del lodato signor Generale. La polizia già conosceva la loro disposizione, per cui, comparsa in tempo sul luogo la Gendarmeria, bastò questa, ed anche in poco numero, per sbandare, senza nessuna reazione, quei radunati.

Il signor Generale poi diede alle guardie del suo palazzo gli ordini opportuni per respingere chiunque si fosse avvicinato allo stesso suo palazzo, od avesse alzata qualche voce in qualunque senso. Cosicchè nulla avvenne di sinistro, nulla tu dimandato al prefato signor Generale, e tutto restò nell’ordine e nella più perfetta quiete.

«Nella successiva mattina del 22 andante alle ore 6 e un quarto ebbe esecuzione la sentenza a carico del Costantini, senza il minimo inconveniente in qualunque siasi rapporto. Per altro si eccitò nel pubblico una indignazione generale contro la Sètta per essersi il Costantini mostrato sordo ai precetti di nostra Santa Religione, morendo impenitente.

«Tanto per sua intelligenza e norma, mentre mi confermo con sensi della più distinta stima

«Di V. S. Ill.ma e Rev.ma.

Roma, li 30 luglio 1854.


Monsignor Delegato Apostolico
di...


Dev.mo Obb.mo Servitore
Il Direttore Generale
A. M.».



Qui finisce il documento che ho riprodotto tutto per intero, anche per la parte che riguarda la fine del Costantini, di cui parlerò or ora.

Noto qui e fo notare ai lettori, che, non ostante le smentite così esplicite della Direzione Generale della Polizia pontificia, si continuò per qualche tempo ancora a voler dare ad intendere alla gente che il Grandoni non si fosse strozzato, ma fosse stato strozzato, come lo dimostra un foglio stampato volante, contenuto nella stessa Camicia 2897 bis intitolato:


«Un infame Processo
in Roma
Narrazione di un testimone oculare (?!)».