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174 il processo di pellegrino rossi

ma la inesistenza altresì di un Battaglione Reduci, di un Tenente Colonnello Grandoni e di un quartiere in piazza San Claudio, fatti tutti tre avvenuti posteriormente al 16 novembre, come risultò dagli atti processuali e ora più luminosamente risulta dai documenti dal XY al XXI, che il colonnello Cleter, non seppe trovare ma che le mie pazienti e faticose ricerche hanno scovato dall’Archivio storico capitolino e che pubblico in fine di questo volume; ammessa la verità delle rivelazione fatte da Filippo Trentanove per bocca di Angelo Tittoni e confermate dalla deposizione di Tommaso Mucchielli circa la riunione della sera del 14 novembre all’Osteria del Fornaio; a carico del Grandoni non resta in atti che una risultanza, la quale costituisce la prova più lampante della sua innocenza, l’essersi, cioè, egli aggirato affannosamente fra quel gruppo di giovani un quarto d’ora prima del delitto in atto di parlare e di eccitare coloro a fare o a non far qualche cosa. E siccome è chiaro che egli, il quale non aveva partecipato alla trama ordita all’Osteria del Fornaio, non poteva avere alcuna ragione, nè alcun interesse a eccitare coloro — che, del resto, nel parossismo della loro ossessione, non avevano bisogno di essere eccitati — a commettere il misfatto, ma aveva invece sentito l’istintivo e onesto bisogno di dissuaderli dal delitto, è chiaro che egli, rimasto spaventato — come disse il Trentanove — si affannasse a tirar fuori quella gente dal palazzo come con la scusa di leggere una carta quasi fosse stato un ordine del Governo e pareva li avesse voluti portar via, come depose Alessandro Testa.

Nino Costa, del resto, da me che scrivo ripetutamente interpellato in proposito, Nino Costa che, in quel terribile momento era al fianco del Grandoni e che era anche egli ignaro della trama, mi ha ripetutamente assicurato sul suo onore che il Grandoni fece effettivamente di tutto per dissuadere coloro dai truci loro propositi, confermando quanto egli depose nel suo primo esame in processo e cioè che il Grandoni fu da alcuni di quei giovani minacciato se non smetteva di impicciarsi di cose che non lo riguardavano.

L’insigne pittore e patriota mi disse pure più di una