Pagina:Pellegrino Rossi e la rivoluzione romana III.pdf/209

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documenti 197

dante del battaglione, la cui scelta cadde sopra esso prevenuto che era già Tenente nel terzo battaglione Civico e così rimase nominato Tenente Colonnello al comando de’ Civici reduci dal Veneto. Conoscendo però che il numero de’ militari non poteva costituire un battaglione, ne fece non molto dopo rapporto a quel Ministero dell’Interno, per parte di cui fu ordinato che se ne formasse qualche compagnia civica mobilizzata. Egli allora dichiarò di non voler servire come mobilizzato ricusando il brevetto di nomina, e siccome ne dovette per qualche tempo restare al comando finchè fosse destinato altro soggetto in sua vece; così per non contrarre alcuna obbligazione protestò di non percepire intanto soldo nè emolumento alcuno. Si aprì intanto il nuovo ruolo, e furono spedite varie compagnie appena formate in varie città dello Stato, le quali nell’atto della partenza escivano dalla direzione dei movimenti delle compagnie, perchè questa dipendeva direttamente dal Ministero, ed esso perciò non di altro s’interessava che de’ respettivi soldi. Nè vedendo effettuarsi la sostituzione ripetè l’istanza pel suo ritiro allo stesso Ministero, e nel Marzo successivo il Ministro della guerra con ordine del giorno, dichiarò che sarebbe stato rimpiazzato da altro comandante purché fosse rimasto esso a sua disposizione. Irritato per questa condizione ebbe con lui caloroso dibattimento per cui fu posto agli arresti nel Forte S. Angelo: ad egual sorte più tardi fu nuovamente condannato per violazione di un ordine che egli volle commettere, perchè i civici non dipendevano da quel ministero. E sebbene lo stesso Ministro gli dicesse che in quei momento, in cui erano i Francesi a Civitavecchia il suo ritiro gli avrebbe potuto costare la vita; tuttavia non tralasciò insistere onde essere esonerato interponendo anche gli offici dell’Avvocato Sturbinetti, allora Senatore di Roma e Generale della Guardia Civica, il quale trasmise la sua petizione a quel Triumvirato che la respinse al Ministro della guerra con rescritto precettivo di sostituirgli altro comandante. Ma neppur questo si volle attendere e nel giorno 30 Aprile dovette obbedire agli ordini di stare coi suoi militi sulla piazza di Trastevere. Finalmente dopo qualche giorno si ritirò di fatto come fece conoscere al Ministero, che allora mandò un tal Pinna in sua surrogazione. Sostiene in ultimo di esser compreso nell’ultima Sovrana amnistia, come legalmente dimostrerà nel giorno della proposizione della causa f. 1369 a 1376 1368 3838.

Da un riscontro avuto dal Ministero dell’interno si apprende che negli atti del medesimo non esistono elementi per includere od escludere le circostanze dal Grandoni suesposte a suo favore; ne