Pagina:Pellegrino Rossi e la rivoluzione romana III.pdf/247

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dall’altro che si preparava a combatterle con quei mezzi che erano in suo potere. Imperocchè mentre di coloro altri ammoniva, mostrandosi informato delle loro mene, altri sorvegliava, mentre dava ordini, ed istruzioni alle guardie di Polizia, alla Civica, ai Carabinieri; mentre chiamava alla Capitale un vistoso rinforzo di quest’Arma, allontanava al tempo stesso dalla Polizia un assessore Accursi, la di cui aderenza al partito rivoluzionario gli era ben nota, nominava il Galletti presidente del Tribunale di appello in Macerata e tentava in fine d’intimidire i cospiratori coll’arresto dei due Napoletani Carbonelli e Bomba, agitatori anche essi della associazione Facciotti. Le quali disposizioni, se in altri tempi avrebbero raggiunto l’effetto, non riuscirono nel caso, che a render più certo, perchè più necessario, l’assassinio. Ed invero, se per le discorse cose è dimostrato che scopo di costoro era la rivoluzione; se ostacolo a compierla era il Rossi che minava si da vicino la loro politica esistenza; se il Rossi non poteva essere abbattuto nè coll’intimidazione, nè col discredito, se non era sperabile la sua caduta nei Consigli, ove la sua riputazione e i suoi talenti politici erano per guadagnarsi una assoluta maggioranza, come già dubitava l’avverso partito, si rende manifesto, che se era per essi una politica necessità l’allontanamento del Rossi dal Ministero, quale si dichiarava dai congressi di Torino, e di Toscana, e quale indubbiamente si riconosceva dalle associazioni romane, fosse necessaria del pari la di lui morte prima che fosse giunto a procurarsi il favore della Camera de’ Deputati. Ma se poi si aggiunga il timore incusso dall’esempio dei seguiti arresti, dall’apparato straordinario della forza, e dalla fermezza del suo animo, il colpo rendevasi necessario anche dal lato della loro personale sicurezza.

E questo colpo forte, ardito, inaspettato in persona di un primo Ministro, in pieno giorno, innanzi agli occhi de’ Deputati, mentre si recava in Consiglio, oltre al vantaggio, che loro imprometteva di sconcertare il governo, togliendogli la mente che lo informava, di intimidire le Camere, di spargere il terrore nella Civica, e nella pubblica forza, muoveva altresi circa il modo di esecuzione la stolta vanità de’ congiurati.

Considerando, che se l’assassinio si ebbe riconosciuto necessario dai cospiratori, non fu meno concertato, e preparato da essi. Se i risultati dei congressi di Torino, e Toscana accennavano alla caduta del Rossi, se il Montanelli in Roma la prevedeva, se al riritorno dello Sterbini maggiore fu l’impeto, fu l’ardore de’ faziosi, più pronunciato, più deciso il loro proposito; d’altro lato i giornali