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tempo del delitto vestito della concertata divisa della tunica fra gli altri Legionari, ciò che viene stabilito dal detto del rivelante, e dal deposto di un testimone. La quale risultanza, di che egli sentiva tutto il peso, restava in peculiar maniera avvalorata dalla coartata di luogo, e tempo, che egli introduceva nel processo scritto, tentando all’uopo anche di subornare testimoni, che gli veniva però ampiamente esclusa, e smentita. Ma quando nella formale discussione della causa udiva nuovamente contestarsi siffatte cose, mutato linguaggio, ammetteva, vestito però di propri abiti, per due volte l’accesso alla Cancelleria in quella mattina, nella seconda delle quali si faceva spettatore della uccisione del Rossi per colpo scagliatogli da Luigi Brunetti, ed in verificazione delle sue assertive molto più del vestiario da lui indossato, nello spazio che corse fra i due accessi, avendo introdotto di essersi recato in altro luogo, rimase anche in ciò smentito da prove di fatto.

Considerando come dalla maggioranza delle varie deposizioni de’ testimoni, che viddero vibrare il colpo fatale al Rossi, si raccolga, che il Sicario oltre all’essere legionario fosse per varj connotati simile alla persona del Costantini.

Considerando, che intervenuto il Costantini nelle ovazioni della sera del 15 Novembre fu veduto venir sollevato dai correi Legionari, come in trionfo colle grida «viva bruto terzo» mentre poi nel giorno 16 concorreva anche egli armato al Quirinale a prendere parte coi Brunetti, e con gli altri Legionarii agli atti di violenza, e di ribellione.

Considerando come in coincidenza di tanti, e sì gravi risultamenti si abbiano in processo i detti e del Zeppacori, e di altri non pochi testimoni, ai quali il Costantini confessava in più, e varie circostanze la propria correità nel delitto, mostrando perfino un pugnale corrispondente appunto alla descrizione della ferita, col quale diceva essersi consumato l’assassinio. E mentre egli da un lato non si ristava da tali confessioni, la pubblica voce dall’altro riferita da un coro di testimoni lo indicava appunto per uno de’ Sicari del Conte Rossi, per cui veniva soprachiamato «taglia carote» facendosi con ciò allusione alla carotide recisa all’infelice dal ferro omicida.

Considerando che un argomento anche più certo, e positivo di sua colpabilità risulta dal contegno come di lui, così dello Sterbini, e del Brunetti, allorchè poco appresso al delitto, trovavasi alle lavorazioni di Tor di Quinto nelle vicinanze di Roma; nelle quali tanto lo Sterbini Ministro de’ lavori pubblici, quanto il Brunetti