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250 il processo di pellegrino rossi

lontano, avere una parte cospicua nei destini del suo paese, ed invece di fare il maestro di scuola di alunni indocili, egli avrebbe potuto aspirare a guidare i suoi compatriotti nelle vie nuove quotidianamente aperte dallo sviluppo, della civiltà. No, no non è fuggendo la patria perchè infelice che si può giungere alla gloria. Sventura a colui che abbandona con disprezzo il paese che lo vide nascere, che rinnega i propri fratelli come indegni di lui! In quanto a me sono risoluto, non separerò mai la mia sorte da quella dei Piemontesi. La mia patria sventurata o felice, avrà tutta la mia vita: non le sarò mai infedele, quand’anche fossi sicuro di trovare altrove brillanti destini».

Dalle Lettere edite ed inedite del Conte Camillo Di Cavour illustrate da Luigi Chiala Deputato al Parlamento, Torino 188387, Vol. I, 13-16.



Documento N. X.


A questo primo giudizio, caldamente encomiastico per l’ingegno altissimo di Pellegrino Rossi, ma severo per riguardo al carattere e alla condotta di lui, il grande statista ne fece seguire un secondo, ventisei anni dopo, nella seduta del 25 Marzo 1861, nel suo primo discorso a proposito della discussione per la proclamazione di Roma a capitale d’Italia, giudizio pieno di lodi e di ammirazione per il Rossi quale Ministro nel 1848.

Lo stralciamo dalla Atti ufficiali del Primo Parlamento italiano:

«Ed invero, o signori, pochi mesi dopo la restaurazione del 1814 noi vediamo, all’apparire negli Stati della Chiesa di un illustre guerriero, facendo appello al principio della nazionalità italiana, noi vediamo insorgere i popoli di quelle contrade; noi vediamo proclamata la incompatibilità del Governo temporale colla civiltà novella da quel grande italiano, che, nel suo lungo esiglio, rese illustre la nostra patria, come grande economista, come abile statista; da quel glande Italiano che, sul finire della sua carriera, per ispirito di abnegazione, volle tentare la impossibile impresa di conciliare il potere temporale col progresso civile e la cui morte fu una delle più grandi sventure che sia toccata all’Italia (Bravo! Benissimo! dalla destra). Intendo parlare di Pellegrino Rossi, che nel 1814 proclamò in Bologna il principio della nazionalità italiana».

Dagli Atti Ufficiali del Parlamento italiano del 1861.