Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il Re prega, Milano, Treves, 1874.djvu/298

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signor Laudisio è una spia, ma non passerà guari e noi gitteremo fuori del regno codesta ed altre lordure: vescovi, ministri, esercito e re.

— Io aspetto che l’arciprete ripeta ciò in mia presenza, e che egli indichi dove, quando, in quale circostanza, in presenza di chi avrei io eruttato simili parole. Ah! signor commissario, mi credete dunque sì goffo, sì idiota, che avendo codeste idee e sì poderosi secreti, io me ne issi a prendere per confidente il più abbietto dei miei nemici?

— Voi siete scaltro in effetto.

— Ebbene, se voi mi fate l’onore di non credermi un gonzo, perchè prendete voi in considerazione codeste inette iniquità?

— Quando don Lelio Franco vi pose in condizione di dare dei buoni consigli ai suoi agenti, voi preferiste rifiutare l’impiego anzi che rischiarar quella gente sulle buone intenzioni del governo.

— Come io so ch’egli è sempre pericoloso parlar di politica e di governo; come non ignoro che la massima di Stato del nostro paese è: de Deo pauca, de rege nihil; come per questa stessa circostanza io scorgo quanto sia facile snaturare i propositi che si tengono, io dissi a quel messer Franco lì, che io voleva andare da lui come contabile e non come institutore, e che, se egli desiderava un impiegato, il quale cumulasse le funzioni di tenere i libri e di propagare le sue novelle, se ne trovasse un altro, perchè io mi reputava incapace di contentarlo.

— Insomma voi negate tutto?