Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il Re prega, Milano, Treves, 1874.djvu/343

Da Wikisource.

— Egli ne è uscito. Ed io debbo adesso nominar vescovo il fratello di quella cortigianella. Lo debbo: ciò avrà luogo stamane stessa.

— Sono io, sire, che lo avevo fatto imprigionare come cospiratore.

— E sono io che, dietro il rapporto del marchese di Sora, l’ho fatto mettere in libertà. Ma non si tratta più di ciò.

Il re si tolse dagli occhi del conte di Altamura ed andò ad inginocchiarsi nel suo gabinetto e pregare. Qualche minuto dopo rientrò e continuò la conversazione.

— Quel Don Diego Spani è un cattivo prete. Egli sarà un abbominevole vescovo. Ora, siccome sono io che introduco nella Chiesa questo lupo pericoloso, debbo esser io a cui incomba preservare l’ovile dalle sue scelleratezze. Ho dato la mia parola di nominarlo: è mestieri ch’egli sia vescovo. Ma io non ho promesso ch’egli godrebbe di un posto cui mi ha fatto estorquere.

— V. M. non ha bisogno di dir altro. Solamente io supplico la M. V. d’inspirarmi ove questa esecuzione della giustizia di Dio debba aver luogo, a Roma, dopo la consacrazione, ovvero a Napoli, dopo il suo ritorno?

Il re si allontanò per pregare, poi ritornò e disse:

— A Napoli, con abilità e mistero, dando alla punizione il marchio dei gastighi di Dio: il terribile e l’inatteso.

— Quelli che spiacciono al re non son essi nemici di Dio? Non mercè di sorte dunque.