Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il Re prega, Milano, Treves, 1874.djvu/374

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Giuseppe l’accusò. Del resto, io non ho bisogno che di una parola sola da te. Non voglio la tua giustifica; io ti credo sur un semplice no che tu pronunzi. Di’ dunque, Concettella amatissima mia, di’ alla presenza di questi signori che ti hanno calunniata.

Concettella continuò a tacere ed a singhiozzare. Gabriele la guardava istupidito e turbato. Aveva freddo, si dimenava, si afferrava al cancello.

— Ma insomma, ma insomma, riprese lo sventurato, una parola è dunque così difficile a dire? Tu non ti rendi dunque conto che quel silenzio sarà interpretato come una confessione? Una confessione! sangue della madonna del Carmine! una confessione? Ma ancora uno si difende. Vi sono delle circostanze attenuanti; vi sono delle ragioni, delle scuse, delle menzogne, che so io? Si dice a tutto andare una qualche cosa. Tu piangi. Piangi? tu ti penti dunque? tu hai dunque dei rimorsi? Dei rimorsi di che? Ma parla, parla. Tu lo vedi, questo doppio cancello che ci separa: di che temi tu? Esso ti protegge, questo cancello; io non ti ucciderò; io non ho neppure un’arma. Oh! abbi pietà di me! non lasciarmi soffrire così. Uno ragiona seco stesso; quando ha ricevuto il colpo, si rassegna, si uccide, discute, disputa, dice addio o si raccomoda.... che so io? si fa qualche cosa infine, si prende un partito. Ma davanti al dubbio? ma in presenza di quel silenzio?... non vi è che a sbranarsi il cuore, ecco tutto. Vuoi tu parlare, alla fine? vuoi tu spiegarti? Tu finirai col farmi mettere in collera. Tu lo vedi, io sono calmo. Non ho